La Nuova Sardegna

Sassari

«Picchia nostro figlio», era falso

di Nadia Cossu
«Picchia nostro figlio», era falso

Padre scagionato: i segni erano dovuti a un eritema. La ex moglie che lo accusava fu seguita dal Cim

14 febbraio 2021
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SASSARI. Un arrossamento sulla schiena attribuito a un calcio che il padre avrebbe dato al proprio figlio durante un pomeriggio trascorso al mare. Episodio che, insieme ad altri due raccontati dalla ex moglie dell’uomo in una denuncia presentata in Procura (e che avrebbero interessato anche l’altro figlio più piccolo), hanno fatto finire un 37enne sassarese a processo con l’accusa di abuso dei mezzi di correzione. Salvo poi emergere, durante il dibattimento, che quei segni sulla schiena erano in realtà dovuti a un eritema solare. E che il bambino avrebbe subìto condizionamenti da parte della madre.

Al termine del processo il giudice Sergio De Luca, accogliendo la tesi dell’avvocato difensore Edoardo Morette (e dello stesso pm Ilaria Achenza), ha assolto l’imputato “perché il fatto non sussiste”.

La vicenda approdata in tribunale ha origine da una lunga battaglia giudiziaria tra ex coniugi per l’affidamento dei figli. Nella fase della separazione i due bambini erano stati affidati a entrambi i genitori e il padre aveva diritto di tenerli con sé una volta ogni due settimane. In una di queste occasioni il bambino più grande, dopo avere trascorso una giornata al mare, era rientrato con la schiena arrossata. La mamma lo aveva così portato dalla pediatra alla quale il bambino aveva dichiarato di essere stato colpito dal padre che si era arrabbiato perché lui aveva litigato con il fratellino.

Immediatamente era partita la denuncia: la mamma del piccolo (che allora aveva sette anni) accusava l’ex marito di aver colpito il figlio con un calcio sulla schiena, di essergli passato sopra e di averlo riportato a casa ancora “con la sabbia in bocca”.

Non solo, aggiungeva che in altre due occasioni, alcun mesi prima, aveva ugualmente maltrattato il bambino una volta stringendolo per il collo e un’altra colpendolo con uno schiaffo.

L’imputato è stato quindi rinviato a giudizio per abuso dei mezzi di correzione per tutti e tre i presunti episodi.

Al dibattimento la donna ha confermato le accuse, rincarando la dose e raccontando anche dell’uso di una cinghia. Mentre l’imputato si era difeso negando di aver mai picchiato il bambino e raccontando che quel “famoso” giorno al mare i figli avevano giocato tutto il giorno con lui. Circostanza confermata da diversi testimoni, tra i quali un’assistente sociale che si era occupata tempo prima della gestione del conflitto genitoriale.

Quest’ultima ha raccontato in aula di aver casualmente incontrato l’imputato a fine giornata e di non aver notato alcuna particolare anomalia nei minori, che infatti giocavano allegramente tra loro. La teste aveva anche aggiunto che la mamma dei piccoli aveva in passato accusato altre persone, tra cui un’insegnante per avere maltrattato il figlio ed uno zio per avere abusato del bambino, tutto rivelatosi poi infondato. «Durante il processo – ha spiegato l’avvocato Morette – abbiamo depositato numerose altre relazioni dei servizi sociali in cui si evidenziava come i bambini fossero fortemente condizionati dall’astio che la madre provava per l’ex marito, il che li costringeva, durante gli incontri con gli assistenti sociali, a parlare male del padre e a guardare la mamma per avere un cenno di approvazione».

Ma il processo ha riservato forse la “sorpresa” più importante quando è stato acquisito ed esibito il certificato della pediatra che, in riferimento all’arrossamento sulla schiena, parlò espressamente di “ampia zona eritematosa”, «confermando quindi che si trattava di scottatura solare e non di percosse» ha aggiunto il legale. Infine, è stato acquisito agli atti un decreto del tribunale per i minorenni di Sassari che, nel periodo dei fatti, aveva evidenziato come il padre manifestasse “un senso di impotenza nel subire gli umori e le decisioni della moglie” e, per evitare che la situazione familiare e il disagio materno potessero comportare elementi di potenziale pregiudizio nei confronti dei minori, aveva ordinato alla donna “di sottoporsi a un percorso di valutazione specialistica nel Centro di salute mentale e di seguire scrupolosamente le indicazioni degli specialisti per superare la sua situazione di disagio”.



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