La Nuova Sardegna

Sassari

Donne ridotte in schiavitù inflitti 64 anni di carcere

di Nadia Cossu
Donne ridotte in schiavitù inflitti 64 anni di carcere

Condanne severe della corte d’assise per quattro nigeriani, assolta una donna Lacrime di un imputato in aula. I difensori: «Sentenza ingiusta, appelleremo»

27 aprile 2021
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SASSARI. Quando il presidente della corte d’assise Massimo Zaniboni ha letto il dispositivo, Edobor Godstime, nigeriano di 25 anni, non ha capito che gli era appena piombata addosso una condanna a 18 anni e sei mesi di carcere. Dopo qualche istante glielo hanno spiegato il suo avvocato Salvatore Castronuovo e l’interprete. E a quel punto è scoppiato in lacrime.

Sono in tutto 64 gli anni di carcere inflitti a quattro imputati nel processo per la tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù di giovani donne nigeriane attirate in Italia (la tappa finale nel caso specifico era Sassari) con la promessa di una nuova vita. Invece scappavano dal loro Paese e una volta arrivate in Sardegna si ritrovavano intrappolate in una nuova prigione: costrette, sotto pesanti minacce, a vendere il proprio corpo.

La pena più pesante per Edobor Godstime (difeso dall’avvocato Salvatore Castronuovo) condannato a 18 anni e sei mesi. Per lui il sostituto procuratore della Dda di Cagliari, Rossana Allieri, aveva chiesto la condanna a 22 anni. E ancora inflitti 15 anni e quattro mesi a Susan Imafidon (difesa dall’avvocato Laura Secchi), 14 anni e dieci mesi a Paul Okhaforh (assistito da Danilo Mattana), 15 anni e sei mesi a Antony Ebuehi (difeso da Carlo Pinna Parpaglia). Assolta invece Joy Idahor che era difesa da Salvatore Masia.

La tratta di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione aveva interessato il territorio di Sassari tra il 2016 e il 2017. Cinque imputati nigeriani hanno affrontato il processo con rito ordinario mentre altri otto connazionali avevano scelto l’abbreviato che si è già concluso a Cagliari. La Allieri aveva ripercorso nella sua requisitoria le tappe che avevano portato le donne in Sardegna, tra Fluminimaggiore, Porto Torres e Sassari. L’illusione di una vita migliore, il viaggio della speranza ammassate su barconi insieme ad altri migranti. Poi l’arrivo nell’isola e il sogno del lavoro che si frantumava in mille pezzi. Ragazze ingannate, minacciate, sottoposte al terribile rito religioso-esoterico voodoo «foriero – aveva spiegato il pm – di morte e di altre disgrazie in caso di inadempimento degli obblighi con esso assunti». Un ruolo chiave lo aveva la madam che si occupava di gestire la prostituzione delle vittime (dopo l’arrivo in Italia). Agli imputati erano contestate le aggravanti «di aver agito al fine di sfruttare la prostituzione (delle giovani donne, ndc) esponendole a un grave pericolo per la vita e l’integrità fisica». A Sassari le ragazze spesso venivano ospitate in abitazioni del centro storico prima di essere messe su una nave che da Porto Torres le avrebbe portate nel continente. «Una sentenza ingiusta – ha commentato l’avvocato Laura Secchi, difensore di Susan Imafidon – ricorreremo in appello. La mia assistita non ha commesso alcun reato, oggi è sposata e madre di tre figli, si è rifatta una vita e non meritava questa condanna».

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