La Nuova Sardegna

Sassari

Ventimila cani “rurali” da censire

di Paoletta Farina
Ventimila cani “rurali” da censire

Lotta al randagismo. Progetto pilota della Regione per intensificare microchippatura e sterilizzazioni

05 maggio 2021
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SASSARI. Si calcola che nel Nord Sardegna siano tra i 18 e i 20mila i cani da pastore o presenti nelle aziende agricole. Un numero enorme di animali che, liberi di circolare in ampi spazi e di riprodursi senza controllo, alimenta il randagismo con tutte le conseguenze che comporta: sono sempre più numerose, infatti, le aggressioni a persone, ad altri animali, greggi comprese, e gli incidenti stradali causati da cani che vagano senza controllo. E crescono anche le richieste di risarcimento per i danni causati dai randagi. Per contrastare un fenomeno che ha pesanti ripercussioni sanitarie ed economiche, la Regione ha avviato un progetto pilota che sta coinvolgendo, attraverso l’Ats, i servizi veterinari di tutte le Assl isolane. L’obiettivo è di realizzare, per la prima volta, un censimento dei cosiddetti “cani rurali” e, nel contempo, responsabilizzare i loro proprietari affinché li sottopongano alla microchippatura e alla sterilizzazione, quest’ultima vero argine al problema: dove la sterilizzazione raggiunge percentuali di copertura efficaci, il randagismo è assente e i cani raccolti in strutture di accoglienza si limitano ai piccoli numeri di situazioni eccezionali.

Per Sassari e la Gallura il responsabile del progetto “Misure finalizzate al miglioramento della sanità e del benessere animale – Attività di identificazione dei cani rurali” è Andrea Sarria, direttore della Struttura semplice dipartimentale Anagrafe Canina e Randagismo Zona Nord, nonché presidente dell’Ordine provinciale dei veterinari. Nei giorni scorsi il dirigente ha inviato una lettera ai sindaci che, indicati dalla legge come responsabili della prevenzione al randagismo, ma anche destinatari di richieste di risarcimento per i danni provocati da animali liberi dei quali non è noto il padrone, sono gli alleati naturali del progetto. «Sono loro ad avere il polso della situazione – afferma Sarria – ed è per questo che la loro collaborazione è indispensabile per mettere in campo insieme tutti quegli accorgimenti che ci consentano di ridurre il fenomeno. Coinvolgendo la Polizia locale, i barracelli ed eventualmente le guardie zoofile per vigilare e controllare che tutti i cani siano identificati, tramite un lettore di microchip di cui i Comuni devono dotare la loro Polizia locale».

«Non è una soluzione confinare i randagi in un canile – aggiunge Andrea Sarria – oltre ad essere una scelta umanamente dolorosa, rappresenta anche un costo elevato per le già provate casse comunali. Non dimentichiamo, poi, che il randagismo degrada anche il contesto civico e rappresenta un pessimo biglietto da visita per i Comuni a vocazione turistica».

Misure di contenimento ci sono già da tempo, proprio grazie ai servizi veterinari regionali con campagne di microchippatura e sterilizzazione gratuita finanziate dalla Regione. «Abbiamo ricordato ai sindaci che il nostro servizio di Anagrafe canina e Randagismo – spiega Sarria – può inviare veterinari nelle aziende zootecniche del Comune per identificare ed inserire in banca dati i cani di proprietà degli allevatori, responsabilizzandoli in caso di incidenti stradali o aggressioni a persone o animali che invece finirebbero archiviati come ad opera di randagi».

Intanto la maggior parte dei cani affidati in custodia a strutture è rappresentata da cuccioli. Conclude Sarria: «È una pratica indegna sbarazzarsi delle cucciolate indesiderate, imponendone poi i costi alla comunità. Frutto dell’ignoranza di non voler ricorrere alla sterilizzazione delle proprie cagne. La motivazione che ci viene sempre data dai proprietari che siamo riusciti a individuare è quella di non poter affrontare i costi dell’operazione. Ma i Comuni che ne facciano richiesta possono ottenere dalla Regione fondi dedicati alla sterilizzazione».

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