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Sassari, picchia la ex per sette ore: 29enne algherese accusato di tortura

Nadia Cossu
Sassari, picchia la ex per sette ore: 29enne algherese accusato di tortura

La donna sequestrata in casa, pestata e minacciata davanti alla figlia di 5 anni «Tu da qui ne esci morta». Il pm: «Trattamento inumano e degradante»

24 luglio 2021
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SASSARI. Il cavo di un caricabatterie stretto intorno al collo, il respiro che inizia a mancare, la terribile sensazione che la morte è vicina e non resta che rassegnarsi ad essa. Parole che a distanza di mesi turbano ancora i pensieri e terrorizzano: «Oggi non esci viva da questa casa, io vado in galera ma tu sei morta...».

È l’incubo vissuto da una donna di 42 anni riportato nero su bianco dal sostituto procuratore Maria Paola Asara nella richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di un algherese di 29 anni. Vittima di una barbarie disumana sarebbe la ex compagna dell’imputato (che è stato anche arrestato per questi fatti e ora si trova in una comunità, con il braccialetto elettronico): chiusa a chiave in casa e picchiata per sette interminabili ore, con calci e pugni, con un pezzo di legno rotto e persino con delle bottiglie vuote. Tutto davanti agli occhi atterriti di una bambina di 5 anni, figlia di entrambi. L’uomo avrebbe portato via alla ex anche il telefonino impedendole di chiedere aiuto.

Comportamenti che per la Procura di Sassari rientrano penalmente nelle condotte tipiche della tortura. E proprio questo reato, insieme al sequestro di persona, alle lesioni e ai maltrattamenti, è stato contestato all’uomo che ora si trova in una comunità. Il pm parla di «violenze e minacce gravi» che hanno causato «acute sofferenze fisiche e traumi psichici» alla donna e alla bambina, «persone che aveva privato della libertà personale e che si trovavano in condizioni di minorata difesa». Un trattamento «inumano e degradante per la dignità di entrambe». Le due vittime sono tutelate dall’avvocato Danilo Mattana.

I fatti di cui deve rispondere il 29enne (l’udienza preliminare è fissata per la prossima settimana davanti al gup Carmela Rita Serra e qui l’imputato si presenterà con i difensori Nicola Satta e Francesco Carboni) fanno rabbrividire. «Se chiami gli sbirri ti ammazzo uguale... tanto cosa mi arrestano, per un giorno?» le avrebbe detto mentre le stringeva con forza le mani al collo impedendole di respirare per poi «schiacciarle la testa dopo averla scaraventata contro lo spigolo della lavatrice – è scritto sempre nella richiesta di rinvio a giudizio – lanciandole due bottiglie vuote addosso, rompendole una chitarra sulla schiena, minacciandola con una balestra (che al contempo cercava di armare e teneva in mano dicendole “oggi muori”), minacciandola gravemente di morte sia a voce che con un machete, facendoglielo passare vicino al corpo diverse volte, minacciando anche di ucciderle gli altri due figli minori». Quel giorno il 29enne avrebbe anche tolto e poi distrutto gli occhiali da vista alla donna «senza i quali la persona offesa non riusciva a vedere bene e pertanto lasciandola in condizioni di minorata difesa. Dicendole parole del tipo: “certo che ti ammazzo, ma prima devi soffrire bene, come sto soffrendo io”. Cagionandole anche lesioni personali e determinando nella donna e nella bambina un sentimento di intenso dolore, terrore per morte percepita come imminente e persino rassegnazione alla morte da parte della vittima che riteneva di dover morire di lì a poco, nonché provocando con tali condotte un trauma psichico a entrambe». All’imputato è contestato anche il reato di maltrattamenti perché le violenze verbali e fisiche sarebbero avvenute anche in altre circostanze, soprattutto quando l’uomo abusava di alcol e stupefacenti. Una volta «prendendole il telefono e distruggendolo aveva inseguito e raggiunto la donna in garage dove la percuoteva con un forte pugno alla tempia». Dalla ferita era uscito molto sangue ed era svenuta.

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