La Nuova Sardegna

Sassari

Il radiocarbonio dà l’età del nuraghe

Il radiocarbonio dà l’età del nuraghe

Tula. A Sa Mandra Manna lo studio dell’Università sposta la lancetta al 1800 A. C.

31 luglio 2021
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TULA. Si è aggiunto un nuovo capitolo alla storia del complesso archeologico di Sa Mandra Manna di Tula e per una volta ancora i risultati di uno studio analitico portato avanti da Anna Depalmas, docente di Preistoria e Protostoria del Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali dell’Università di Sassari, attestano il grande interesse che il sito ha nel delineare la storia del Bronzo Medio in Sardegna.

Base di partenza di questi ultimi studi è stata un progetto finanziato circa tre anni fa con quindicimila euro dall’amministrazione comunale che aveva Depalmas, Paola Basoli e Rubens D’Oriano componenti del gruppo di ricerca e prevedeva uno sviluppo in tre fasi distinte. Nella prima si è provveduto sotto la guida di Luca Doro al riordino della documentazione pregressa e a insegnare a un gruppo di allievi le tecniche di disegno dei reperti archeologici, ma gli elementi più importanti sono arrivati durante la seconda fase incentrata sulle analisi specialistiche e di laboratorio.

Dallo studio eseguito sulla muraglia megalitica sono emerse due piante rettangolari di capanne che sarebbero state abbandonate per rinforzare la parte interna della muraglia e costruire un corridoio di ingresso a un nuraghe. I risultati delle analisi effettuate con il radiocarbonio sui materiali trovati hanno indicato un periodo di riferimento intorno al 1800-1750 A.C., una datazione che sposterebbe all’indietro il periodo del Bronzo Medio. «È la più antica datazione di un nuraghe mai rilevata e questo dimostra quanto sia interessante Sa Mandra Manna – ha detto Depalmas – anche perché ci ritroviamo davanti una ricostruzione temporale ben definita con l’abbandono di due capanne e la contemporanea costruzione di un nuraghe, con materiali ben determinati e porzioni di muraglia aggiunte per rinforzo». Risultati preziosissimi anche perché la Sardegna è povera di datazioni al radiocarbonio e questa mancanza di dati costringe gli studiosi ad utilizzare griglie di riferimento basate su analisi compiute su siti che con l’isola non hanno niente a che vedere e che indicano periodi che potrebbero però, come in questo caso, essere rivisti.

«Le recenti scoperte archeologiche alla periferia del paese durante gli scavi per la realizzazione del deposito di gas – ha detto il sindaco Gino Satta – dimostrano che il nostro territorio è ricco di storia ma da soli non possiamo finanziare campagne di scavi e di studio». A breve verrà pubblicato lo studio scientifico.

Francesco Squintu

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