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Sassari, morì dopo una caduta: a processo tre medici

di Nadia Cossu
Sassari, morì dopo una caduta: a processo tre medici

La vittima, un 85enne ospite di Casa Serena, fu visitato e dimesso a tarda sera. Chiesta la condanna di due dottori del pronto soccorso e di una neurochirurga 

19 ottobre 2021
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SASSARI. Per la Procura, che ne ha chiesto la condanna a due anni di reclusione, non sottoposero il paziente a una visita accurata, superficialità che avrebbe portato tre medici di Sassari – due del pronto soccorso e una neurochirurga – a non valutare correttamente il quadro clinico e, di conseguenza, a sbagliare la diagnosi.

Il paziente, un 85enne arrivato in ospedale con l’ambulanza del 118 in seguito a una caduta nella residenza per anziani “Casa Serena”, non aveva infatti solo una frattura lombare ma anche un trauma cranico particolarmente invasivo che dopo qualche ora ne causò la morte.

I fatti risalgono al 31 dicembre del 2016. Giommaria Meloni era stato ricoverato nel pomeriggio dell’ultimo dell’anno. Chi lo aveva accompagnato in ospedale aveva riferito ai medici del pronto soccorso che era caduto sbattendo il sedere e infatti lamentava un dolore lombare. Sintomatologia confermata dalla radiografia che aveva rilevato una frattura all’altezza del coccige. I due medici avevano chiesto una consulenza neurochirurgica e la specialista (anche lei imputata) aveva richiesto per l’85enne una Tac dalla quale era arrivata la seconda conferma. L’anziano era stato quindi dimesso a tarda sera con l’indicazione dell’utilizzo di un busto fino a quando la frattura non si fosse consolidata.

Tornato a Casa Serena, Meloni era stato accudito dal personale che lo aveva lavato, cambiato e messo a letto. Era stato controllato all’una del mattino e alle tre dal personale che non aveva notato niente di anomalo. Anzi, il paziente rispondeva agli stimoli. Ma alle 5.15 del mattino era stato trovato in stato di incoscienza. Immediatamente era stato trasportato in ambulanza di nuovo al pronto soccorso e da qui in Rianimazione dove i medici avevano riscontrato un trauma cranico con emorragia massiva e lesioni cerebrali talmente gravi da non essere operabili. Dopo qualche ora Giommaria Meloni era deceduto.

Per il pm ci fu una leggerezza da parte degli imputati che sottoposero sì l’anziano a radiografia e Tac lombare ma non si sarebbero invece accorti della presenza di una escoriazione nella parte superiore della testa. Se invece l’avessero notata – attraverso un controllo più approfondito – avrebbero potuto sottoporlo anche a una Tac cranica. Esame che avrebbe evidenziato l’emorragia. E con un intervento chirurgico tempestivo il paziente avrebbe potuto salvarsi.

Di tutt’altro avviso la difesa (la neurochirurga è assistita dall’avvocato Gabriele Satta e i due del pronto soccorso da Piera Meloni) secondo cui non c’è alcuna prova che quella escoriazione sulla testa fosse presente già nel pomeriggio. Non la vide nessuno: né il medico del 118, né i barellieri, né il personale di Casa Serena. Oltretutto il paziente quando descriveva la sede del dolore faceva riferimento solo alla regione lombare. Non videro la ferita nemmeno i due medici del pronto soccorso che non avevano oltretutto motivo di dubitare o ritenere che l’85enne avesse preso un colpo alla testa. Tanto che la consulenza neurochirurgica venne richiesta solo per avere una conferma del quadro diagnostico relativamente al dolore lombare. Secondo i difensori è quindi molto plausibile che nel pomeriggio il trauma cranico non ci fosse e che si sia verificato in un secondo momento. Per esempio in serata o durante la notte (il paziente dormiva in un letto senza sponde).

In ogni caso – in particolare a favore della neurochirurga – va detto che se anche il danno encefalico si fosse prodotto nel pomeriggio, Meloni era purtroppo un paziente inoperabile perché già nel 2014 era stato classificato in questo modo per un rischio anestesiologico massimo. La sentenza ai primi di novembre.

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