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Sassari, una pattinatrice mondiale su una pista col muschio

di Luigi Soriga
Sassari, una pattinatrice mondiale su una pista col muschio

Impianti sportivi e disagi: Alessia Paganello deve fare i conti con tre alberi e una parabolica scivolosa

02 dicembre 2021
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SASSARI. Per affrontare una simile parabolica in formula 1 ai box avrebbero montato delle gomme slick da bagnato. Ma se hai dei pattini e sotto quattro rotelline in linea, sfrecciare sopra muschi e licheni significa spiaccicarsi per terra a quaranta chilometri orari. Per questo, nel pattinodromo di Rizzeddu, quella curva conviene affrontarla con molta cautela. Ci vorrebbe il cartello triangolare “Pericolo di sbandamento”, come nelle strade di montagna. E la colpa è di tre pini che da almeno 20 anni allungano la loro ombra sulla pista, favorendo una vegetazione tipo tundra.

La società Studium da anni chiede al Comune l’abbattimento degli alberi, ma il settore Ambiente evidentemente non è così entusiasta all’idea di raderli al suolo. Ma per chi si allena, e lo fa seriamente, la loro presenza è un enorme problema.

Alessia Paganello, 18 anni, è una delle pattinatrici più veloci al mondo. Si beve i cento metri in una manciata di secondi, è campionessa italiana, ed è arrivata nona ai mondiali in Colombia per colpa di una scivolata sulla sabbietta. «Purtroppo le condizioni del pattidronomo di Rizzeddu non aiutano a svolgere una preparazione ottimale – racconta –, durante l’inverno passano anche due settimane senza poter andare in pista, perché quando piove la superficie resta sempre bagnata, e soprattutto quella curva all’ombra dei pini non asciuga mai».

È una parabolica spettacolare, nella quale entri veloce e ti spara fuori come un proiettile. «Non è una semplice curva – spiega Alessia – ha la forma di un cucchiaio, quindi se azzecchi la traiettoria e sfrutti le pendenze, la forza centrifuga aumenta e con lei anche la velocità». Per questo la superficie dovrebbe essere perfetta, senza umidità e vegetazione. Altrimenti diventa come pattinare sul ghiaccio. «È un vero peccato – spiega l’allenatore Mario Bronzini – perché questo pattidromo è stato realizzato con tutti i crismi negli anni 80, costruito talmente bene da essere scelto in quegli anni per ospitare gare prestigiose. La pista infatti, nel complesso, si è conservata benissimo e a parte il problema dell’umidità non presenta altre criticità. Basterebbe davvero poco per risolvere questo disagio decennale». Oltretutto gli alberi sono cresciuti talmente tanto da oscurare anche i fari dell’illuminazione. Quindi, per affrontare la famigerata parabolica, oltre a montare gli pneumatici da pioggia, i pattinatori dovrebbero dotarsi anche di fari anabbaglianti per illuminare la traiettoria e non tuffarsi alla cieca. Certo, i 30 agonisti sognerebbero più in grande e vorrebbero per Sassari quello che non c’è ancora in tutta la Sardegna, ma che esiste in molte altre città della penisola: un pattinodromo indoor. Un desiderio quasi proibito, con la superficie sempre asciutta e pulita, con le luci perfette, e con la possibilità di allenarsi sette giorni su sette. Anche per i 120 appassionati delle rotelle che frequentano la struttura di via Rockefeller, un tetto sopra la testa sarebbe come allenarsi in un albergo a cinque stelle. «Ci arrangiamo come possiamo – dicono Alessia Paganello e il suo allenatore Mario Bronzini – in genere evitiamo di partecipare alle competizioni che si svolgono entro febbraio, come i nazionali indoor. Sia perché è difficile arrivare con una preparazione adeguata, visti gli stop forzati, e sia per le spese di viaggio. L’insularità ci penalizza. Nel periodo delle gare gli atleti hanno bisogno di allenarsi 6 giorni su 7, e non basta supplire con una bicicletta e dei rulli. Serve a tenere la muscolatura tonica, ma non si può prescindere dalle prove su pista, se vuoi salire di livello».

Il podio, quello mondiale, era alla portata di Alessia: «È stato un modo per confrontarmi, per fare esperienza, per capire dove posso arrivare. E l’amaro in bocca purtroppo mi è rimasto. Agli ottavi sono scivolata su un cumulo di sabbietta. Un simile inciampo, in una gara di 100 metri, diventa irrecuperabile. Alla fine sono arrivata nona, delusa perché so di potermela giocare fino in fondo. Seconda è arrivata una connazionale, che io avevo battuto ai campionati italiani di Riccione».
 

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