La Nuova Sardegna

Sassari

«Il teste mente, assolvete Fadda»

di Nadia Cossu
«Il teste mente, assolvete Fadda»

L’omicidio di Zdenka. Il difensore dell’imputato: non aveva il coltello in mano quando è entrato nel bar

19 gennaio 2022
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SASSARI. «Francesco Fadda non ha commesso l’omicidio e va assolto. Voi siete la giustizia – ha detto l’avvocato Lorenzo Galisai rivolgendosi ai giudici della corte d’assise di Sassari – dovete essere convinti di poter dare un ergastolo a quest’uomo oltre ogni dubbio e dovete anche essere convinti che quanto da me riferito non è una suggestione».

Discute per poco meno di quattro ore il legale che, come lui stesso ha ammesso all’inizio dell’arringa, ha avuto «un compito non facile». Ossia quello di smontare il castello di accuse costruito dalla pubblica accusa che la scorsa settimana ha chiesto per il 46enne Francesco Douglas Fadda il carcere a vita e l’isolamento per un anno. Ritenendolo responsabile dell’omicidio della 41enne ceca Zdenka Kreijcikova – ferita a morte con una coltellata al torace in un bar di Sorso – ma anche della tortura e del sequestro di persona nei confronti delle due bambine di lei, che avrebbero assistito alla lenta agonia della propria madre durante il tragitto in macchina fino a Ossi. Qui, il 15 febbraio del 2020, Zdenka era stata portata da Fadda, ferita, a casa di un amico, vicino alla guardia medica del paese. Lui si era poi allontanato in auto con le due gemelline di undici anni. La mattina successiva era stato arrestato dai carabinieri dopo un inseguimento terminato nel parcheggio dell’ex Auchan di Sassari.

«Quella che è accaduta due anni fa è una tragedia, certo. Ma le tragedie possono essere causate anche da incidenti. In questo processo le prove testimoniali e la perizia medico legale sono quelle che il pubblico ministero Paolo Piras ha considerato “forche caudine” per il mio assistito. Io credo invece – è stata la “replica” di Galisai – che le tre testimonianze rese siano state condizionate. E, in generale, in un processo penale quelle testimoniali non possono più essere considerate come la prova regina. Solo uno dei tre testi sentiti in aula, un assiduo frequentatore del bar di via Tiziano che aveva in forte antipatia Fadda perché lo considerava responsabile di un furto avvenuto tempo prima, dice che il mio assistito aveva un coltello in mano. E dice anche di aver visto Fadda colpire Zdenka al fianco destro. Peccato che nel fianco non ci fosse nemmeno un minuscolo taglio, quindi ha detto una bugia. E poi ci sono le altre due testimoni, tra cui la barista che aveva una piena visuale, di fronte alla porta di ingresso del locale. Non vede nessun coltello in mano a Fadda e non vede Fadda pugnalare la compagna. La terza persona dice che il mio assistito “si apprestava a inveire” contro Zdenka ma non che la colpiva». Da qui la richiesta del legale: «Valutatele bene queste prove testimoniali non univoche, non lineari, prima di dare l’ergastolo a questo signore. Che non è un santo, non vedo aureole né stimmate, ma va detto che i reati che ha commesso in periodi precedenti sono stati solo di tipo patrimoniale. Oltretutto, ha avuto tante donne nella sua vita e nessuna ha mai denunciato di aver subito violenza fisica da lui. E se così non fosse stato lo avremmo saputo».

Galisai si è poi soffermato sulla perizia medico legale eseguita da Salvatore Lorenzoni «che lascia aperte tante domande – ha puntualizzato – Senza dimenticare che Lorenzoni è il consulente del pm che aveva a disposizione gli atti di indagine. La lama del coltello per il pm si è piegata in seguito alla forza impressa dall’imputato nel colpire Zdenka. Fadda ha spiegato di averla resa lui così, proprio perché diventasse inoffensiva. Ed è certamente vero perché se si fosse sviluppata tanta forza, come sostiene l’accusa, sulla pelle della vittima ci sarebbe stato un disastro».

Un accenno poi al reato di sequestro di persona. «O meglio – puntualizza Galisai – il sequestro di una bambina di cui Fadda era stato nominato badante e di un’altra che addirittura lo chiamava “papà”. Quale sequestro? La bimba in Neuropsichiatria infantile racconterà che sua mamma si è colpita con un coltello. Sempre la bambina dirà che Francesco viene a sapere della morte di Zdenka la mattina successiva, quando riceve una telefonata dall’amico Zuri e urla quando lui gli comunica che la donna non ce l’ha fatta. La bambina sente la telefonata. Quindi un’ulteriore conferma del fatto che il mio assistito quella notte, a Ossi, era davvero convinto che Zdenka non avesse nulla di grave e che, una volta in ambulanza, l’avrebbero soccorsa e si sarebbe salvata».

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