La Nuova Sardegna

Sassari

Le ricerche di Gavinuccio Canu, la sorella: «Era angosciato dal non poter più cantare»

di Luigi Soriga
Le ricerche di Gavinuccio Canu, la sorella: «Era angosciato dal non poter più cantare»

Sassari, il cantautore si era confidato: «Da una chat si capisce che un amico potrebbe sapere tutto»

18 febbraio 2022
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SASSARI. Non è una semplice stanza: in una manciata di metri quadri c’è condensato il suo mondo e la sua vita. Ogni centimetro racconta Gavinuccio Canu. Ci trascorreva moltissime ore, a mollo in una placenta di musica, libri, riviste, disegni, dischi, chitarre, giubbotti in pelle, anfibi, cappelli, manifesti, ricordi. Tutto dall’8 febbraio è rimasto così come lui l’ha lasciato, in un disordine ordinato. Le stanze parlano delle persone, sono la trasposizione materiale della loro anima. La stanza è la scatola nera di un artista, che ha conservato con caparbietà tutte le tappe della propria vita. Ciò che manca è una lettera di addio o di arrivederci, un congedo che il papà Pietro e la sorella Isabella si sarebbero aspettati. Perché Gavinuccio è sempre stato molto premuroso, e un ultimo gesto di affetto e di rispetto lo avrebbe riservato. «Sia che abbia fatto una stupidaggine o che si sia voluto prendere una pausa e allontanarsi volontariamente – dice la sorella – penso che ci avrebbe scritto un messaggio. A meno che non ce l’abbia con sé in tasca, ma mi sembra così strano che non abbia voluto dedicare un saluto, o spiegare le cose al padre».

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Dice Pietro: «L’ho salutato come ogni mattina e ci siamo lasciati che ci saremo visti per pranzo per mangiare i tortellini alla panna». Nella stanza c’è il suo nuovo smartphone, che non avrebbe mai dimenticato e che invece non ha portato con sé. E ci sono anche le scatole delle medicine che assumeva ogni giorno. Manca invece il suo vecchio telefonino, che non si trova da nessuna parte. E questa forse è l’unica flebile speranza che potrebbe suggerire un taglio dei ponti volontario, un momento di riflessione dalla famiglia e dal mondo. Nel suo smartphone, la sera dopo la scomparsa, sono arrivati alcuni messaggi di un amico. Gavinuccio lo ha incontrato l’8 febbraio ai Giardini pubblici, ed è rimasto insieme una mezzoretta attorno all’ora di pranzo. «Dai messaggi si capisce che i due avevano chiacchierato e che Gavinuccio si era confidato. Questa persona sa molte cose ed è l’ultima con la quale mio fratello ha interagito. Nella chat gli fa domande sul suo malessere, fa riferimento alla sua angoscia, gli dice che qualunque cosa succeda potrà contare su di lui. Probabilmente la chiave di ciò che è accaduto più tardi sta nella chiacchierata tra mio fratello e questo amico».

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Per Gavinuccio Canu la musica era l’unica ragione di vita. Non poter più cantare avrebbe significato appassirsi. «Era preoccupato per i problemi alla bocca e alla lingua. – racconta Isabella – Non riusciva ad articolare perfettamente le parole e il suo medico non era stato rassicurante. Nell’impegnativa aveva scritto “miastenia”, ptosi palpebrale. Il sospetto è di una patologia autoimmune, con interessamento dei muscoli e dei nervi facciali. Aveva consigliato al musicista di svolgere altri accertamenti e di lasciare per un po’ perdere il canto. «Non riusciva più a masticare bene – racconta il padre – tagliava la pera a fettine sottili e la succhiava». «Era angosciato dall’idea di non poter più suonare, e che il suo occhio si chiudesse. Gavinuccio tiene moltissimo alla sua immagine». Basta vedere la cura maniacale della barba, rifinita a cono appuntito, simmetrica e con due eleganti svolazzi nei baffi. O quanti cappelli custodisce nell’armadio. O gli anfibi dipinti a bomboletta. «E poi la casa è piena di sue foto. Lo prendevo in giro, gli dicevo: eh ma quanto sei egocentrico!». Ecco perché, anche una piccola deformazione facciale, sarebbe stata difficile da accettare. «Lui quella mattina non aveva premeditato nulla – dice la sorella – era sicuramente in ansia e voleva fare una passeggiata. Ascoltava musica alla fermata dell’autobus. Poi quando il destino ci si mette di mezzo le cose precipitano. Un amico è passato per caso, lo ha visto e gli ha dato un passaggio a Sassari. Poi ha camminato avanti e indietro nella zona di Piandanna per diverse ore. E infine non sappiamo cosa gli sia saltato in mente». «Ma qualunque cosa sia accaduta – dice Pietro – nel bene e nel male, io chiedo a tutti di aiutarci a trovarlo. O per riabbracciare Gavinuccio, o per dargli l’ultimo saluto. Così come merita una persona buona come lui».
 

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