La Nuova Sardegna

Sassari

I monaci cistercensi a Bisarcio

di Barbara Mastino
I monaci cistercensi a Bisarcio

La scoperta dello studioso Cau: un monastero, non la casa dei canonici, affiancava la basilica

20 febbraio 2022
3 MINUTI DI LETTURA





OZIERI. Non la casa dei canonici ma un monastero cistercense affiancava nel XII secolo il chiostro della basilica di Sant’Antioco di Bisarcio. Lo rivela un inedito graffito, unico e non solo in Sardegna, tracciato sul paramento esterno della chiesa a completamento della superiore epigrafe di commemorazione della sua consacrazione, avvenuta nel 1164. Autore di questa recentissima scoperta è lo studioso Gian Gabriele Cau, da anni impegnato nel catalogo e nella mappatura dei graffiti parietali della chiesa e più volte in passato protagonista di altri ritrovamenti che hanno consentito di reperire fondamentali informazioni sulla basilica e le costruzioni circostanti.

Il graffito, come spiega Cau, è un insolito “quadrato sull’angolo” segnato da un doppio tratto, che ricalca il profilo delle superiori losanghe architettoniche, derivate dalla cattedrale di Santa Maria a Pisa. Una brevissima epigrafe appena consumata dal tempo – «huius m(onasterii)» da tradursi in “(la pianta) di questo monastero” – taglia l’angolo superiore di questo spazio delimitato e definisce epigraficamente l’impianto di un monastero cistercense, sul modello della cosiddetta “pianta Bernardina”. Nella tradizione cistercense, il quadrato monastico (così come la losanga pisana) evoca la Gerusalemme celeste, strutturata sull’esempio del Tempio di Salomone. «È questo della “Città a forma di quadrato” – spiega Cau – il modello architettonico del monastero cistercense, dove, secondo gli insegnamenti di Bernardo di Chiaravalle, è possibile vivere una anticipazione delle realtà ultraterrene. Il paragone, riferito dallo stesso santo alla vita dei monaci nel suo complesso, si materializza e si evidenzia nello spazio fisico del chiostro, fulcro generatore dell’intero organismo monastico. Con la sua identità ambigua di giardino recintato, “chiuso”, e al tempo stesso “aperto” verso la natura, il chiostro rievoca infatti il modello biblico-liturgico di un Paradiso in terra”.

Nella basilica di Bisarcio, come dimostra questo ritrovamento, si fondono quindi le tradizioni della cultura pisana (la losanga) e di quella borgognona (il quadrato monastico), riferibili a due distinte maestranze operanti nel cantiere di Bisarcio. «Solo l’osmosi culturale tra i due gruppi darebbe, infatti, ragione della inusuale rappresentazione del quadrato posto sull’angolo, invece che sul lato», spiega lo studioso. Ma non è tutto: il profilo di una impalcatura, nell’angolo destro del disegno, spiega anche l’origine dell’epiteto di “commacino” del costruttore della basilica, il maestro Giovanni direttore del cantiere, che può essere identificato come l’autore del graffito. Un maestro che utilizzava macchinari, e non “di Como”, come alcuni ipotizzavano in una teoria però recentemente screditata. L’impalcatura infatti richiama quelle macchine da lavoro in uso ai magistri commacini (dal latino cum-machinis), ed è accompagnata dall’immagine di un paramento murario con pochi tratti stilizzati nei quali lo studioso ipotizza di «riconoscere, sparsi a terra, indefiniti materiali edilizi, che dichiarano una attività cantieristica in corso per la costruzione del cenobio di Bisarcio, il più antico monastero cistercense nell’isola, dopo – o forse in parallelo – a quello di Santa Maria di Corte, a Sindia».

La classifica

Parlamentari “assenteisti”, nella top 15 ci sono i sardi Meloni, Licheri e Cappellacci

di Salvatore Santoni
Le nostre iniziative