La Nuova Sardegna

Sassari

In cella da innocente: «Risarcitela»

di Nadia Cossu
In cella da innocente: «Risarcitela»

Chiesti 500mila euro per una 32enne ozierese assolta nel 2021: accoltellò l’ex per legittima difesa

21 febbraio 2022
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SASSARI. «“Scaraventata” in una cella di un carcere da innocente, anzi da vittima quale era, strappata via senza colpa dal proprio figlio minore e dalla propria famiglia e costretta a subire (lei, il figlio e la famiglia) la gogna mediatica che ne scaturiva».

L’avvocato Abele Cherchi si fa portavoce delle sofferenze patite dalla sua assistita Giovanna Sanna e presenta un dettagliato ricorso alla corte d’appello di Sassari per chiedere il riconoscimento di un indennizzo di 500mila euro «per tutti i danni subìti in conseguenza della custodia cautelare ingiustamente sofferta».

La storia di Giovanna Sanna e dell’ex compagno Marcello Cuguttu, entrambi di Ozieri, è stata più volte raccontata sulle pagine dei giornali. La donna, 32 anni, era stata arrestata dai carabinieri il 2 gennaio del 2018 con l’accusa di tentato omicidio. Avrebbe cioè colpito con un coltello, alla spalla e all’avambraccio, l’allora fidanzato. Era stata prima portata in carcere, poi mandata ai domiciliari finché il Riesame non aveva sostituito anche questa misura con il solo obbligo di dimora a Ozieri.

Il 20 novembre dello stesso anno la 32enne era stata condannata con il rito abbreviato a un anno e 4 mesi di reclusione, il reato era stato derubricato dai giudici in lesioni. Ad aprile del 2021 in corte d’appello lo stesso procuratore generale – all’esito dell’esame del medico legale – aveva chiesto l’assoluzione dell’imputata, riconoscendo la scriminante della legittima difesa. E i giudici avevano accolto la richiesta del pg e del difensore scagionando la Sanna e revocando le statuizioni civili.

Per il legale quella subìta dalla donna fu a tutti gli effetti un’ingiusta detenzione, prima con i 23 giorni di carcere a Bancali, poi con i 237 ai domiciliari. Illegittimità che ha trovato conferma lo scorso anno nella sentenza di assoluzione in secondo grado dal reato di lesioni «in quanto non punibile – scrivevano i giudici – per averlo commesso in stato di legittima difesa».

Quando i militari erano arrivati nell’abitazione avevano trovato la donna in lacrime, spaventata, in uno stato di forte ansia, con i vestiti lacerati, scalza e con dei segni da taglio sul corpo. È stato lo stesso legale a ripercorrere quei momenti («ricostruzione accreditata dalle precisazioni del medico legale»): Giovanna Sanna aveva da subito raccontato che Cuguttu le aveva passato il filo della lama sul collo dicendole “tanto prima o poi ti ammazzo”, lei era riuscita a prendergli il coltello dalle mani e mentre lui le stava andando addosso lo aveva colpito. Aveva anche aggiunto che si era frapposto tra lei e la porta d’ingresso della casa impedendole di scappare verso l’uscita e a quel punto si era rifugiata in bagno dove lui l’aveva chiusa a chiave. Quindi era scappata dalla finestra saltando dal primo piano ma l’uomo le si era parato di nuovo davanti all’ingresso del condominio, cercando di afferrarla. Lei infine era riuscita a chiudersi dentro il portone mentre lui lo colpiva a calci nel tentativo di entrare.

Questa era stata la versione fornita dalla 32enne nell’immediatezza. Va anche aggiunto che a Cuguttu era stato imposto il divieto di avvicinamento alla ex ed era stato anche lui arrestato per aver tentato di gettarla in un burrone e per stalking. Per quel fatto era stato processato e assolto. Davanti al giudice l’uomo era tornato a novembre del 2020 nel processo che lo vedeva imputato di molestie, minacce (del tenore “ti ammazzo come ti vedo”, “ritieniti rovinata a vita”, “prega che mi fermino prima i carabinieri”) e lesioni. In quel caso era invece stato condannato a quattro mesi di reclusione.

«La Sanna – è scritto nel ricorso – a causa del periodo di detenzione, del processo e delle conseguenti innumerevoli vicissitudini che ha dovuto affrontare negli ultimi quasi quattro anni subiva, e continua a subire, danni patrimoniali ma anche psichici, fisici, morali, esistenziali, compresi il danno all’immagine e all’identità personale». Circostanze che le impedirebbero «di trovare un lavoro perché a quanto pare nessuno a Ozieri vuole avere a che fare o assumere alle proprie dipendenze una donna che è stata in carcere per tentato omicidio». Una donna di 32 anni, con un figlio, «che per vedere riconosciuta la propria innocenza ha dovuto soffrire, sopportare e combattere per anni, si è dovuta scontrare con “muri di gomma” – prosegue il legale – che le sono apparsi certamente sordi al suo grido di innocenza e alle sue richieste di giustizia». Una vita andata in frantumi che però potrebbe ricominciare se le dovesse essere riconosciuto l’indennizzo di 500mila euro richiesto. Una somma che le consentirebbe di andare a vivere lontano da Ozieri insieme a suo figlio.

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