La Nuova Sardegna

Sassari

«Gli occhi persi di chi fugge dall’inferno dell’Ucraina»

di Luigi Soriga
«Gli occhi persi di chi fugge dall’inferno dell’Ucraina»

Il racconto dei volontari dell’Enas che trasportano i profughi in Sardegna Ieri il rientro nell’isola: ventitrè tra donne e bambini hanno trovato ospitalità

17 marzo 2022
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SASSARI. Il confine con la Polonia è diventato un enorme idrovora che inghiotte un’umanità disperata e in transito. Donne e bambini dagli occhi smarriti che attendono solo di essere portati via dall’inferno. «Decine di migliaia di persone, una confusione incredibile, polizia, esercito, giornalisti, telecamere, E in mezzo gruppi di donne, anziani, bambini che trascinano un trolley e si muovono come zombi, spostandosi da una parte all’altra disorientati, perché aspettano qualcuno che li venga a prendere, oppure cercano qualcuno che non riescono a trovare». Medyka ti accoglie così, con una sensazione da apocalisse, da fine del mondo imminente: «L’unica cosa che desideri è di fare il più presto possibile, di prendere a bordo le persone che devi portare via, e lasciarti alle spalle questo incubo che ti toglie il respiro. E poi di ritornare ancora per salvarne ancora».

Pier Paolo Pintus è il responsabile del settore sanità di Anas (Ass.Nazionale di Azione Sociale) Sardegna e capo della missione in Ucraina. Lo scopo è caricare a bordo di tre pulmini 23 passeggeri, dei quali 12 donne (la più grande ha 67 anni e la più giovane 19) e 11 bambini (il più grande ha 15 anni mentre il più piccolo 2). E poi portare laggiù medicinali, in particolare salvavita e specifici per gravi patologie perché nelle farmacie stanno finendo le scorte. E ancora materiale sanitario soprattutto utile per medicazioni di ferite e ustioni, e anche una sterilizzatrice per ferri chirurgici nuova di zecca. Il tutto destinato a un ospedale della zona di Leopoli. Partenza il 12 marzo da Olbia e rientro ieri. Un itinerario estenuante, 1800 chilometri: Livorno, Trieste, Lubiana, Marburgo, Graz, Vienna, Brno, Ostrava, Katowice, Cracovia, Rzeszow e finalmente Medyka al confine fra Polonia e Ucraina. «La cosa che non scorderò mai – racconta Pintus – sono gli occhi persi dei profughi. Quasi tutti non sanno dove andare nè dove saranno diretti. Molti non hanno nemmeno mai viaggiato. Sono quasi tutte donne e bambini che stanno lasciando un marito e un padre solo a combattere. E che non sanno se lo potranno mai riabbracciare. Gli anziani invece sono pochi, la maggior parte di loro hanno deciso di restare in Ucraina, a costo di morire lì». «Mi ha colpito una ragazzina di tredici anni. In questi giorni di viaggio, nel quale abbiamo dormito forse quattro ore, non l’ho vista sorridere un solo istante. Ha tenuto in braccio per tutto il tempo il suo cagnolino, accarezzandolo per ore». L’unico in grado di assorbire un po’ di quella tristezza così grande.

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