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Sassari, omicidio Fara: «Prima i pugni poi le martellate»

di Luca Fiori
Sassari, omicidio Fara: «Prima i pugni poi le martellate»

In aula il racconto del medico legale che eseguì l’autopsia: la vittima colpita anche con una padella

22 giugno 2022
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SASSARI. «Antonio Fara è stato prima colpito con pugni al volto e calci al petto e poi - dopo un tentativo di strangolamento non riuscito con la cintura di un accappatoio - il suo assassino ha infierito su di lui colpendolo in testa con una padella e con un martello».

È precisa e dettagliata la ricostruzione del massacro del barista sassarese di 47 anni, avvenuto il 22 aprile dello scorso anno in via Livorno, fatta ieri pomeriggio in aula dal medico legale Salvatore Lorenzoni, tra i primi a intervenire sul luogo del delitto (l’appartamento della vittima) la mattina del 23 aprile del 2021 e poi incaricato di eseguire l’autopsia sul corpo del barista. Davanti ai giudici della corte d’assise (presidente Mauro Pusceddu, a latere Giulia Tronci) il consulente della Procura ha spiegato in che modo Antonio Fara venne ucciso all’interno del suo appartamento, collocando l’ora della morte tra le 20 del 22 aprile e 4 o 6 ore prima o 4 o 6 ore dopo. «Ci fu una reiterazione di colpi alla testa - ha spiegato Lorenzoni - e tutte le lesioni gli furono inferte quando era ancora vivo, lo abbiamo stabilito dalla circolazione ematica».

Durante la brutale aggressione - era inoltre emerso dall’esame autoptico - Antonio Fara provò disperatamente a difendersi. La prova nelle ferite all’avambraccio che il 47enne aveva sollevato certamente per tentare di attutire i colpi del suo aggressore. In aula, seduto accanto all’avvocato Bruno Conti (il sesto difensore che assiste l’imputato dopo la revoca dei primi cinque) Claudio Dettori ha ascoltato con distacco la relazione del medico legale. Parole pesanti come macigni invece per il padre, la sorella e un cugino della vittima presenti in fondo all’aula e rappresentati dall’avvocato Simone Pisano, con cui si sono costituiti parte civile. Il pubblico ministero Giovanni Porcheddu contesta a Dettori l’omicidio volontario con tre aggravanti: «Aver cagionato la morte di Fara dopo aver adoperato sevizie, aver agito con crudeltà verso la vittima e, per ultimo, aver approfittato della relazione di ospitalità offertagli dalla vittima».

Ma Dettori deve rispondere anche di rapina aggravata perché avrebbe prelevato dal borsello del barista circa 700 euro. Proprio di quell’importo ha parlato in aula la prima delle testimoni convocate dal pm per l’udienza di ieri, Anna Ghisu, la socia con cui Antonio Fara aveva preso in gestione il bar di via Luzzatti. «Tra l’incasso della giornata e il fondo cassa - ha detto la donna - il giorno prima di morire Antonio aveva portato a casa sua circa 700 euro che avrebbe dovuto versare in banca. Quel giorno dopo il lavoro - ha aggiunto la donna - mi mandò una foto su Whatsapp per farmi vedere quanto era stato l’incasso. Tempo prima - ha riferito inoltre la socia del barista - Antonio mi disse di aver conosciuto un ragazzo in difficoltà ai giardini pubblici e di avergli offerto una sigaretta e un panino. Antonio - ha concluso la testimone con la voce rotta dall’emozione - era solito aiutare un po’ tutti». Dopo di lei ha risposto alle domande del pubblico ministero e dei difensori Mauro Sanna, il consulente informatico della Procura che analizzò le memorie dei telefoni della vittima e dell’imputato e poi gli investigatori dell’Arma territoriale e del Ris di Cagliari che fecero le indagini. Quando in aula sono state mostrate le immagini notturne che riprendono un giovane con il cappuccino nero allontanarsi da casa della vittima in via Livorno poco dopo le 22.20 per poi ricomparire - secondo i carabinieri - poco dopo per spaccare una delle telecamere della via, il difensore di Dettori, l’avvocato Conti, ha fatto notare che nell’immagine notturna il cappuccio appare in realtà bianco. Questioni cromatiche e riflessi dovuti alla luce, secondo l’accusa. Il dubbio - sollevato invece dal difensore - che non si tratti della stessa persona.

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