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Sassari

Corte d'assise

Sassari, le motivazioni dell'ergastolo: «Non voleva più Dettori in casa, per questo il barista è stato ucciso»

di Nadia Cossu
Sassari, le motivazioni dell'ergastolo: «Non voleva più Dettori in casa, per questo il barista è stato ucciso»

Omicidio Fara, Dettori sarebbe anche stato scoperto a sottrarre denaro

30 settembre 2022
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Sassari Nessuna «ipotesi alternativa» dotata «di un minimo di verosimiglianza». Per la corte d’assise di Sassari (presidente Mauro Pusceddu, a latere Giulia Tronci) «l’autore del delitto di Antonio Fara deve essere individuato nella persona di Claudio Dettori senza alcun margine di dubbio». A condurre «ineluttabilmente» a questa conclusione sarebbero – secondo i giudici che il 25 luglio hanno condannato Dettori all’ergastolo – «tutte le prove acquisite che si armonizzano perfettamente tra loro andando a delineare un quadro assolutamente coerente».

Sono state depositate le motivazioni della sentenza emessa la scorsa estate al termine del processo a carico del 24enne sassarese accusato di aver ucciso «con crudeltà» il barista Antonio Fara (il 22 aprile del 2021) che lo ospitava in casa.

Sono conclusioni, quelle a cui è pervenuta la corte d’assise, «che rimangono ferme anche ove si consideri che non è stato possibile determinare con certezza quale fu il movente del delitto».

In realtà la corte individua «diversi possibili moventi dell’azione omicidiaria». E in particolare due: «La prima ipotesi è quella delineata dal pubblico ministero (Giovanni Porcheddu ndc), secondo la quale Dettori sarebbe stato sorpreso da Fara nell’atto di appropriarsi (o comunque sarebbe stato accusato dalla vittima di essersi appropriato) del denaro costituito dagli incassi del bar che erano temporaneamente custoditi all’interno dell’abitazione. Questo avrebbe spinto l’imputato a uccidere Fara, nel tentativo di sottrarsi alle conseguenze del reato commesso».

Ci sarebbe poi una seconda ipotesi «che la corte ritiene più probabile» ed è quella secondo cui la sera del delitto «tra Fara e Dettori sia iniziata una discussione innescata dalla decisione da parte della vittima di allontanare l’imputato dalla propria abitazione, negandogli quella ospitalità a titolo di cortesia che gli aveva concesso fino a quel momento». E a rafforzare questa convinzione sono state le dichiarazioni di alcuni testimoni dalle quali è emerso che «nei mesi precedenti alla sua morte, Antonio Fara aveva raccontato a diversi amici e parenti di aver conosciuto questo ragazzo che vedeva sempre stazionare con tutte le sue cose su una panchina dei giardini pubblici».

«Inizialmente – sottolineano i giudici – Fara gli aveva offerto un panino, poi una sigaretta e gli aveva consentito di fare una doccia a casa sua; ad un certo punto aveva deciso di ospitarlo, perché non aveva un posto dove andare e gli faceva pena. Alcuni amici lo avevano messo in guardia, ritenendola una decisione poco prudente (...) ma Fara aveva risposto che si sentiva in dovere di aiutarlo». Ma dopo un po’ Antonio «aveva iniziato a nutrire timore nei confronti di Dettori». E d’altronde l’imputato era stato aggressivo anche con precedenti persone che gli avevano offerto ospitalità. «Alla luce di tutti questi elementi è senz’altro possibile – se non altamente probabile – che l’azione omicidiaria sia stata provocata da una discussione tra l’imputato e la vittima nel corso della quale quest’ultima si era lamentata del comportamento di Dettori e forse gli aveva comunicato la sua intenzione di non dargli ospitalità per il futuro». In quel momento sarebbe esploso il raptus omicida: Antonio Fara è stato prima colpito con calci e pugni, poi con una padella sul capo cui è seguito lo strangolamento con la cintura dell’accappatoio e, infine, lo sfondamento del cranio con un martello.
 

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