Spiava colleghi e colleghe nei bagni del dipartimento, indagato un ricercatore
Scoperte due telecamere nella facoltà di Veterinaria, le forze dell’ordine stanno convocando le vittime per confermare la propria identità. Almeno venti, al momento, le denunce presentate
Sassari Risalire all’identità del responsabile dello “spionaggio ambientale” nei bagni del dipartimento di Veterinaria è stato quasi un gioco da ragazzi per gli investigatori: il suo volto compariva all’inizio di ogni registrazione, probabilmente perché era troppo intento a orientare l’occhio elettronico, in modo da avere una visuale accettabile e soddisfare le proprie perversioni.
Un Grande Fratello in salsa “accademica” quello scoperto a gennaio del 2023 nella facoltà dell’Università di Sassari. Due telecamere, per la precisione, nascoste nei distributori dei panni di carta che si usano per asciugare le mani e trovate da una dipendente della ditta di pulizie. Per mesi hanno registrato donne e uomini che ogni giorno frequentavano le toilettes del dipartimento. E l’artefice, una volta identificato, è stato immediatamente allontanato dall’Università.
Si tratta di un ricercatore che si dilettava a spiare i suoi stessi colleghi – uomini e donne indistintamente, visto che i bagni non erano differenziati – e che ora si trova sotto inchiesta per “interferenze illecite nella vita privata” (articolo 615 bis del codice penale). Finora sono circa venti le persone che hanno presentato una denuncia alle forze dell’ordine ma sarebbero almeno cinquanta quelle che compaiono nelle registrazioni. Hanno provveduto a tutelarsi legalmente, però, soltanto coloro che sono stati ripresi in volto. Gli altri non hanno potuto farlo perché in alcuni video si vedrebbero solo la parte centrale del corpo e le gambe degli/le sfortunati/e protagonisti/e e quindi non è stato possibile individuarli/e.
Gli inquirenti stanno valutando con attenzione caso per caso e diverse persone sono state convocate per confermare la propria identità. Facile intuire l’imbarazzo provato nel doversi riguardare e riconoscere in uno dei momenti di massima privacy della vita quotidiana, circondati dagli investigatori. Un passaggio obbligato, però, per poter procedere con le contestazioni all’ex ricercatore che potrebbe rischiare fino a quattro anni di reclusione.
L’inchiesta, supervisionata dalla Procura della Repubblica, non è conclusa, in questi mesi le indagini sono andate avanti nel riserbo più assoluto, anche per tutelare le vittime. Sono stati spulciati sette “terabyte” di registrazioni, un’infinità se si pensa che in un solo terabyte potrebbero essere archiviate, se ben compresse, circa 300 ore di filmati di buona qualità. Il timore iniziale, delle stesse forze dell’ordine, era che quelle immagini potessero essere state messe in rete, diffuse illegalmente e finite magari in siti spazzatura. Il pericolo, fortunatamente, sembra essere scongiurato ma l’attenzione resta comunque alta.
Si tratterà di capire se l’indagato si sia “limitato” a installare le telecamere spia solo nei bagni o se, magari anche in passato, abbia agito nel medesimo modo in altri ambienti della stessa facoltà. O altrove. Ma sarà difficile accertarlo: al momento, dunque, il reato sembrerebbe circoscritto alle due toilettes del dipartimento di Veterinaria.