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Sassari

L’anniversario

Un anno fa il naufragio mortale all’Asinara, la sorella di Davide Calvia: «Mio fratello è stato ucciso»

di Nadia Cossu
Un anno fa il naufragio mortale all’Asinara, la sorella di Davide Calvia: «Mio fratello è stato ucciso»

Giovannino Pinna, il cugino sopravvissuto, è indagato per naufragio e omicidio colposi. Ma nell’inchiesta della Procura di Sassari non ci sarebbero ancora novità

13 aprile 2024
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Sassari È passato un anno da quando Davide Calvia, sassarese di 37 anni, non tornò più a casa da una battuta di pesca che avrebbe dovuto fare nelle acque dell’Asinara insieme al cugino Giovannino Pinna, di 35 anni. La loro barca – presumibilmente rubata al porto di Porto Torres – sarebbe affondata. Pinna si salvò, Calvia no. Il suo corpo fu ritrovato dopo dieci giorni di ricerche.

Un anno di interrogativi rimasti senza risposta, di rabbia e delusione dei familiari della vittima che non hanno mai smesso di chiedere giustizia. Nella convinzione – costruita su dubbi mai risolti – che il loro caro sia stato ucciso. E che, della sua morte, sia in qualche modo responsabile proprio Giovannino.

Pinna (assistito dall’avvocato Luca Barrocu) è indagato per naufragio colposo, omicidio colposo e furto di imbarcazione. Il 12 aprile aveva chiamato dal suo cellulare (poi andato disperso in mare) la zia (mamma della vittima) per avvisarla che lui e il cugino erano a pesca e che a Davide si era scaricata la batteria del cellulare. Una delle tante circostanze che non hanno mai convinto i familiari di Calvia (assistiti dall’avvocato Marco Palmieri). In particolare la sorella Nadia si è sempre chiesta come mai quella telefonata non l’avesse fatta direttamente suo fratello. E più volte si è detta sicura del fatto che qualcosa di brutto sia accaduto nelle ore precedenti quella chiamata e l’altra, fatta sempre da Pinna, alla Capitaneria di porto per lanciare l’sos: «Stiamo imbarcando acqua, ci buttiamo in mare».

Il 35enne era stato ritrovato il 13 aprile – quindi il giorno successivo al naufragio – poco dopo le 20 sulla battigia di Porchile, al nono pettine. Semi assiderato, ma vivo, era stato trasportato al Santissima Annunziata di Sassari dove era rimasto ricoverato per un po’ di tempo. Dopo dieci giorni, tra ricerche mai interrotte, falsi allarmi e speranze, un sub nel litorale di Lu Bagnu aveva visto un corpo galleggiare. Poche ore più tardi era arrivata l’ufficialità: si trattava di Davide Calvia.

Nonostante i punti interrogativi sulle modalità del naufragio non siano mai svaniti, è stata l’autopsia ad aprire scenari rilevanti e inaspettati. L’esame necroscopico ha infatti stabilito che Davide Calvia non è morto per annegamento ma è stato ucciso da un “politraumatismo contusivo” che avrebbe prodotto uno “shock traumatico acuto” indicato come causa della morte. Letali sarebbero state le fratture al costato e al rachide cervicale. Ma sull’origine di questi traumi non c’è stata una chiarezza assoluta.

«È stato un omicidio – continua a sostenere Nadia Calvia – ed è palese che mio cugino menta quando dice che Davide è annegato davanti ai suoi occhi. C’è un’autopsia che parla chiaro e che contraddice la sua versione. Davide è stato aggredito e pestato o forse investito da una barca. E allora mi chiedo: perché queste menzogne? Cosa nasconde?». Le risposte i familiari non potranno averle dall’indagato che fin da subito si è trincerato nel silenzio più assoluto. Convocato dal sostituto procuratore Lara Senatore si era avvalso della facoltà di non rispondere. Linea che da quel momento in poi ha mantenuto con tutti. Non una parola, non una chiamata alla cugina che, insieme ai genitori Donatella e Ignazio, chiede di poter sapere la verità sulla morte di suo fratello.

E stanno per scadere anche i “tempi” dell’inchiesta che potrebbe chiudersi con una richiesta di archiviazione o andare avanti con una proroga di indagini.

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