La Nuova Sardegna

Sassari

La sentenza

Un pugno e una gomitata alla ex incinta: condannato un 31enne

di Nadia Cossu
Un pugno e una gomitata alla ex incinta: condannato un 31enne

Le accuse iniziali di atti persecutori nei confronti di un uomo di Valledoria sono state derubricate a minacce e molestie

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Sassari Le accuse iniziali di atti persecutori contestate a un 31enne di Valledoria sono state derubricate – così come chiesto dal pubblico ministero Maria Paola Asara – in minacce e molestie e ieri mattina, 9 giugno, il giudice Monia Adami ha condannato l’imputato – difeso dall’avvocato Sergio Porcu – a un anno di reclusione.

È l’esito del procedimento nato in seguito alla denuncia della persona offesa, una 25enne (anche lei di Valledoria) che aveva avuto una relazione con il 31enne. Durante e dopo un breve periodo di convivenza i rapporti tra i due si erano deteriorati e – stando alle accuse contenute nel capo di imputazione (era stato emesso decreto di giudizio immediato) – l’imputato avrebbe minacciato e molestato la ragazza anche quando lei era incinta.

«Spesso – erano le accuse – dopo aver abusato di alcolici o di sostanze stupefacenti la minacciava e ingiuriava con parole quali “adesso mi stai facendo diventare cattivo... adesso ti faccio vedere io chi sono... sei una imbecille... prima o poi te la faccio pagare vedrai cosa ti succederà...”».

Un giorno la 25enne aveva deciso di stare con le proprie amiche e lui l’avrebbe “afferrata con forza nel tentativo di trascinarla dentro casa, senza però riuscirci perché lei era scappata. Era stata comunque raggiunta in strada dall’imputato che le avrebbe tirato i capelli e poi strattonata (da qui anche l’accusa di lesioni ndc). Minacciandola con queste parole: “Adesso mi hai fatto davvero diventare cattivo, adesso ti faccio vedere io chi sono”».

Stesse minacce che le avrebbe rivolto un giorno in cui l’aveva incontrata in un negozio. Qui l’avrebbe afferrata per la vita, colpita con un pugno e una gomitata all’addome e, prendendola di peso, avrebbe cercato di trascinarla fuori dal locale. Anche quella volta lei era riuscita a divincolarsi e a liberarsi ma aveva riportato dei traumi.

Poi c’erano stati i messaggi telefonici: “Sono sotto casa tua, mi sto attaccando al citofono fino a quando non risponde qualcuno, vi sto buttando giù il palazzo, finché non chiamate i carabinieri suono il citofono...”. Con l’aggravante – è scritto nel decreto di citazione a giudizio – di aver commesso il fatto “a danno di una donna in stato di gravidanza”.

Ieri la richiesta di condanna del pm a nove mesi per minacce e molestie che, con il vincolo della continuazione con il reato di lesioni, è diventato un anno di reclusione. Pena accordata dal giudice.

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