Insulti, minacce e percosse alla moglie: condannato il marito
Tre anni di violenze ai danni della donna. L’uomo beneficerà della sospensione condizionale della pena
Sassari Insulti, minacce e percosse, andati avanti per tre anni, fra il 2014 e il 2017, ai danni di una donna residente a Sassari da parte del marito, con il quale aveva avuto un figlio nel 2010. Ci sono voluti ben otto anni, dopo la prima denuncia, perché arrivasse il primo punto fermo in questa vicenda giudiziaria. La giudice Claudia Sechi ha condannato il marito violento, assistito dagli avvocati Gaetano Paoletti e Simona Todde, a un anno e quattro mesi di reclusione, dopo aver riqualificato i reati in lesioni e minacce.
Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a due anni e tre mesi. L’uomo beneficerà della sospensione condizionale della pena e la difesa valuterà dopo il deposito delle motivazioni, previsto entro 90 giorni, se presentare ricorso in appello. Tre anni di continui litigi, insulti e percosse da parte dell’uomo, geloso in maniera ossessiva e violenta, che avevano portato tutti i conoscenti della famiglia ad allontanarsi e la donna a vivere in uno stato di terrore e avvilimento.
Era stata proprio lei, nel 2017 a denunciare il marito dopo l’ennesima aggressione, arrivata quando era rientrata dopo una giornata al mare. In quelle settimane la situazione si era fatta sempre più grave e l’uomo aveva cancellato l’indipendenza economica della donna, eliminandola dalla cointestazione del conto corrente e ritirandole il bancomat, costringendola così a rivolgersi a lui per ogni piccola necessità quotidiana. Il pm aveva contestato all’uomo anche l’accusa di lesioni colpose ai danni del figlio, che all’epoca dei fatti aveva 7 anni. Secondo l’imputazione, l’uomo aveva caricato il bambino in auto contro la volontà della madre. Lei si era messa davanti alla macchina per impedire che partisse e il bimbo, preoccupato che la madre potesse essere investita, era riuscito a scendere e si era provocato una contusione. L’uomo è stato assolto da questa accusa, perché «il fatto non sussiste».