La Nuova Sardegna

Sassari

Guardia di Finanza

Maxi evasione fiscale: quattro indagati

di Davide Pinna
Maxi evasione fiscale: quattro indagati

Scoperta una frode allo Stato di 5 milioni

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Sassari Un sistema ben congegnato per truffare lo Stato, che ha consentito a quattro cittadini di origine cinese e residenti a Sassari di evadere più di 5 milioni di euro di Iva, grazie a fatture false, imprese “cartiera” e altri trucchi contabili. Lo hanno smascherato gli uomini e le donne del Nucleo di polizia economico-finanziaria delle Fiamme gialle Oristano, guidato dal colonnello Giancarlo Sulsenti e coordinati nelle indagini dal sostituto procuratore sassarese Gianni Caria. Ieri, oltre 60 militari della guardia di finanza sono entrati in azione con perquisizioni fra Sassari, Roma e Milano, alla ricerca non solo delle prove della maxi evasione fiscale, ma anche dei proventi di queste condotte illecite.

Nel mirino degli investigatori sono finite le abitazioni dei quattro indagati, ma anche le sedi delle società coinvolte nel sistema criminale e gli studi contabili di riferimento. I due sistemi Le indagini hanno messo in luce due metodi di evasione fiscale. Il più importante, con un giro d’affari complessivo di 25 milioni e un’Iva evasa per 4,8 milioni di euro, faceva perno su un’impresa con sede legale a Sassari. In gergo si parla di “cartiera”, perché l’azienda, gestita da un prestanome cinese, emetteva fatture false, incassando milioni di euro da altre imprese attive su tutto il territorio nazionale e omettendo il versamento dell’Iva e l’adempimento di tutti gli altri obblighi fiscali.

Il sistema regge perché i proventi dell’evasione vengono spostati in Cina tramite bonifico e l’azienda chiude nel giro di pochi anni, prima che si metta in moto l’ordinario sistema di controlli fiscali. L’altra frode riguarda un giro d’affari un po’ più piccolo, interamente concentrato a Sassari, con ricavi non dichiarati per oltre 2,6 milioni di euro, 500 mila euro di Iva evasa e ritenute Irpef e previdenziali trattenute ai dipendenti per oltre 300mila euro. Anche in questo caso si tratta di un sistema collaudato, quello del cosiddetto “apri e chiudi”. Diverse aziende, specializzate in ambiti tradizionali come la vendita al dettaglio di casalinghi, abbigliamento e bricolage, ma anche nella somministrazione di alimenti e bevande, nella ristorazione e nella telefonia, aprono e chiudono succedendosi l’un l’altra nell’esercizio della stessa attività, evadendo piccole somme e portandole via dall’Italia prima che entrino in azione i controlli fiscali. Marito e moglie Le aziende erano ovviamente intestate a dei prestanome, ma i militari delle Fiamme gialle oristanesi sono riusciti a scoprire il sistema utilizzato dai reali beneficiari del giro di evasione per tenere il controllo delle società. A insospettire gli investigatori è stato il fatto che, nelle liste dei dipendenti di tutte le aziende coinvolte nel meccanismo “apri e chiudi”, comparivano sempre gli stessi due nomi, nonostante i continui cambi di proprietà. Si trattava di un uomo e una donna sposati fra loro, immigrati cinesi di seconda generazione, dato che erano nati in Italia. I due, in realtà, erano i veri titolari delle attività coinvolte nella maxi frode fiscale.

Il precedente oristanese L’inchiesta è nata come filone secondario di un’indagine che, nel 2021, portò a smascherare un’evasione Iva da 2 milioni e mezzo di euro, realizzato da un cittadino cinese titolare del frequentatissimo emporio Jin di Oristano. Nel 2023, le Fiamme gialle oristanesi scoprirono una maxi evasione Iva da 37 milioni di euro, con un giro d’affari falso per 200 milioni che coinvolgeva anche Prato, Pistoia, Firenze, Roma e Venezia. Vennero indagati 18 cittadini cinesi e un consulente fiscale italiano.

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