Sassari, truffa da oltre 700mila euro con false cartelle Equitalia: chi sono i condannati
L’accusa era quella di avere raggirato diverse persone in difficoltà: disoccupati, conoscenti in gravi condizioni di disagio economico e sociale
Sassari Oltre venti capi di imputazione, 14 parti civili e in tutto circa venti persone offese. Sono i numeri del processo che si è concluso davanti al collegio presieduto da Giancosimo Mura (a latere Monia Adami e Sara Pelicci) nei confronti di quattro persone accusate di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata. Si tratta di Eugenia Cabizza, di suo marito Vincenzo Porcheddu (all’epoca poliziotto in servizio alla questura di Sassari), del fratello di lei Cristian Cabizza, di un dipendente di Equitalia nel frattempo deceduto, e di Antonino Marogna (impiegato nell’Agenzia del Territorio).
Processo che si è concluso con due pesanti condanne nei confronti dei coniugi: nove anni e sei mesi per la Cabizza e sette anni per Porcheddu. Per molti reati contestati alla coppia e agli altri due imputati il collegio ha dichiarato invece non doversi procedere perché sono prescritti.
La vicenda ha origini lontane. Nel 2013 il nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Sassari aveva messo la parola fine a una attività illecita andata avanti per tre anni. L’accusa era quella di avere raggirato diverse persone per un valore che superava i 700mila euro. Si trattava per lo più di uomini e donne in difficoltà: disoccupati, conoscenti in gravi condizioni di disagio economico e sociale, professionisti con qualche problema finanziario, lavoratori precari. Non avrebbero disdegnato di raggirare anche commercianti ai quali – con abilità consolidata – era stata carpita la fiducia. La Cabizza, il marito e il dipendente di Equitalia erano stati arrestati, per gli altri due era stato invece disposto solo l’obbligo di dimora.
La donna gestiva insieme al fratello un’agenzia di disbrigo pratiche in diversi uffici pubblici: successioni, accatastamenti e pagamenti di cartelle esattoriali. Secondo quanto emerso dalle indagini della Finanza, Eugenia “Genny” Cabizza aveva il ruolo di primo piano, compreso quello di individuare le vittime da colpire. Con la complicità del dipendente di Equitalia e di quello dell’Agenzia del Territorio, secondo l’accusa avrebbe prodotto la documentazione falsa che veniva poi sottoposta ai clienti per dimostrare l’esistenza di debiti e obbligazioni inesistenti, oppure di importi superiori al reale. Il poliziotto Porcheddu (sospeso poi dalla questura) sarebbe entrato gradualmente nei ruoli della banda. Nella prima fase si sarebbe qualificato più volte come rappresentante delle forze dell’ordine per tranquillizzare i clienti della moglie. E successivamente, quando i truffati cominciavano a rendersi conto della situazione, avrebbe preannunciato velate ritorsioni.
Nel processo, Equitalia (diventata poi Agenzia entrate riscossioni) si è costituita parte civile con gli avvocati Emilio Ricci e Marco Costa. In aula, le vittime durante le numerose udienze hanno confermato le accuse raccontando la loro disavventura e i tanti soldi persi. Il collegio ha condannato la coppia, difesa dall’avvocato Nicola Lucchi, anche al risarcimento del danno (da liquidarsi in sede civile) in favore delle altre parti civili che si sono costituite con gli avvocati Pietro Diaz, Carlotta Pilo, Maria Teresa Pintus, Luigi Esposito, Maria Antonietta Cristaldi, Fabrizio Fois.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
