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L’emergenza

Bullismo: a Sassari il coraggio di rompere il silenzio

di Giovanni Bua
Bullismo: a Sassari il coraggio di rompere il silenzio

Presentati i risultati del progetto “Sempre in prima fila” promosso dalla polizia locale nelle scuole, con le testimonianze di Alice Masala e Paolo Picchio

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Sassari Il silenzio di una dodicenne chiusa nella sua stanza, le cuffiette sempre nelle orecchie, le parole che feriscono più delle botte. E poi un padre che da dodici anni gira l’Italia con il nome della figlia, Carolina, trasformando un dolore privato in una battaglia pubblica.

Sono queste le immagini che hanno attraversato il teatro comunale di Sassari, dove oggi, giovedì 18, si è concluso “Sempre in prima fila”, il progetto di educazione alla legalità promosso dalla Polizia locale contro bullismo e cyberbullismo.

Non un problema lontano o episodico, ma una realtà concreta che attraversa le scuole cittadine. A dirlo sono i numeri presentati dal comandante della Polizia locale Gianni Serra, frutto dei questionari anonimi somministrati a cui hanno risposto circa mille persone tra studenti, docenti e, per la prima volta, genitori.

Oltre un terzo degli studenti dichiara di aver subito episodi di bullismo almeno una volta, mentre quasi il 20 per cento riferisce esperienze di cyberbullismo. Insulti, prese in giro ed esclusione dal gruppo restano le forme più diffuse, ma non mancano minacce e casi di diffusione non consensuale di immagini e video. «I dati confermano che il problema esiste ed è strutturale – ha spiegato Serra – e non può essere affrontato solo quando esplode il caso grave. Servono presenza costante nelle scuole, ascolto e una collaborazione reale tra istituzioni, docenti e famiglie».

Sul palco sono saliti anche i ragazzi del comitato cyber Azuni, operativo da anni nel liceo, a dimostrazione di come la prevenzione possa nascere dall’interno delle scuole, attraverso il protagonismo degli studenti.

Un lavoro portato avanti sul territorio insieme agli agenti della Polizia locale Mirella Nudda e Michele Santaniello e alle coordinatrici del progetto Serena Fattacciu e Federica Carta, che hanno ribadito il senso dell’iniziativa: «Non esistono risposte semplici ma tante azioni, collettive e individuali. L’unico modo per contrastare questi fenomeni, pervasivi ed estesi, è costruire una rete che aiuti giovani e adulti a capire che dal rispetto degli altri passa il rispetto verso se stessi».

Il momento più intenso è arrivato con la testimonianza di Alice Masala, che proprio dieci anni fa, in quello stesso teatro, partecipò a un incontro simile. «Sono sempre stata socievole e curiosa, ma anche orgogliosa e solitaria. Non coinvolgevo mai nessuno nei miei problemi», ha raccontato. A dodici anni qualcuno mise in giro voci a sfondo sessuale per screditarla. «È un dolore che non fa rumore e non si racconta. Cambiano le parole e i contesti, ma restano la paura, la rabbia, la solitudine». Prima il cortile della scuola, poi le chat di WhatsApp, dove ogni messaggio diventava «una coltellata che arrivava direttamente nel telefono». Il tentativo di ricominciare cambiando scuola, le cuffiette indossate tutto il giorno, finché un incontro sul bullismo non le fece capire che fuori c’era qualcuno pronto ad ascoltare. «Ho smesso di sopravvivere e ho iniziato a vivere», ha detto.

A dare un respiro più ampio alla riflessione è stato Paolo Picchio, presidente della Fondazione Carolina. «Grazie al messaggio di mia figlia abbiamo portato alla prima legge in Italia e in Europa dedicata ai ragazzi», ha ricordato. La fondazione oggi incontra oltre centomila studenti l’anno. «Un ragazzo su tre è vittima di bullismo. Lo scorso anno ci sono state più assenze a scuola per depressione che per malattia e 250mila giovani sono finiti al pronto soccorso per atti di autolesionismo». Picchio ha invitato i ragazzi a parlare, ma anche le famiglie a ritrovare «la gioia dell’affettività, di un semplice abbraccio».

Il progetto “Sempre in prima fila” ha promosso anche la nascita di comitati scolastici e la figura dello studente “difensore”, chiamato a intervenire per spezzare le dinamiche vessatorie. Dai questionari emerge che i ragazzi indicano come strumenti più efficaci sportelli di ascolto psicologico, incontri con esperti e una maggiore presenza degli adulti di riferimento nelle scuole.

La riflessione proseguirà nel pomeriggio nella sala Angioy del Palazzo della Provincia con la presentazione del libro Le parole fanno più male delle botte di Paolo Picchio, dedicato alla storia di Carolina e rivolto a genitori ed educatori. (foto Ivan Nuvoli)

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