Noi salvi dal domicidio che distrugge i popoli
Dagli scenari di guerra un nuovo termine fotografa la devastazione: case e palazzi crollano sotto le bombe
La storia non cambia nonostante la devastazione prodotta da ogni guerra sia evidente: un desiderio di conquista irrompe nella vita dei civili, innocenti e deprivati della propria quotidianità, di ogni sicurezza, della propria casa. Nonostante i vari conflitti che l’hanno segnata, sembra che l’umanità non impari mai: la storia continua a ripetersi e non sembra esserci un cambiamento significativo nel pensiero di quei decisori politici che “spacciano” la guerra come uno strumento di affermazione dei diritti del proprio popolo.
L’etimologia della parola “casa” fa comprendere ciò che essa rappresenta: i più riconducono la sua origine al latino casa, che rimanda all'immediata idea di luogo sicuro, che fornisce protezione. La stessa radice con il medesimo significato è presente nelle parole latine castrum e cassis, termini che ci riconducono all’esclusiva funzione di riparo. Con la successiva introduzione del lemma domus, il suo significato si è evoluto: nel tempo, infatti, come viene citato in varie fonti scritte latine, greche e bibliche, casa rappresenta il nucleo della propria educazione, il conforto e il piacere di un “porto sicuro”, persino se umile, e la custode dell’intimità personale. Casa è lo scrigno delle proprie origini, dei propri ricordi e relazioni, sia interne che esterne; il suo senso, cioè, si fonde col vissuto e i sentimenti delle persone che la abitano.
Questa definizione, che rimanda a intimità e sicurezza, è in netto contrasto con ogni scenario di guerra ben rappresentato, invece, dal “domicidio”, nuova parola ancora non presente sui dizionari che definisce la distruzione sistematica, deliberata e consapevole di case, palazzi e infrastrutture civili nel corso di un conflitto armato. La comparsa di questo neologismo, su diversi organi di informazione italiani, non a caso, è legata ai conflitti in Ucraina e nella Striscia di Gaza. Pensare al concetto di domicidio e tentare di immedesimarsi nell’esperienza devastante di chi vede la propria casa, con tutto ciò che essa contiene, violata e distrutta. Per la maggior parte dei cittadini italiani – ora – il concetto di casa coincide col sentimento universale di conforto. Casa è un caldo abbraccio che avvolge le persone e fa sentire protetti da ogni minaccia, ed è un prezioso diario che documenta ogni passo dell’esistenza. Insomma, una fotografia che cristallizza ogni momento della vita. Casa è nido, è rifugio e ricordo di ogni parola, risata o pianto. È egoistico girarsi dall’altra parte di fronte alle immagini di guerra che, quotidianamente, vengono mostrate? Alla loro vista, l’ondata di tristezza e ansia inevitabilmente travolge ognuno di noi ed è immediata: contemplare il pensiero che quel caldo abbraccio, diario e fotografia di ogni momento possano essere repentinamente spazzati via, causano in tante persone profondo smarrimento, pur nella consapevolezza che questi sentimenti, solo immaginati, impallidiscono di fronte alla tragica realtà delle vittime. È così che l’angoscia, di fatto, ricorda che siamo dei privilegiati.
*Noemi frequenta il Liceo Azuni a Sassari
