Olbia troppo timida e sprecona
Il ko al debutto con il Renate figlio di un po’ di paura e di tante (troppe) palle perse
OLBIA. Male la prima, 38 anni dopo l’ultima volta. L’Olbia sperava in un debutto migliore, nella terza serie calcistica italiana. Da lì mancava da tanto, troppo tempo. A quei tempi, fine anni Settanta, i calciatori indossavano tutti le scarpette Copa Mundial dell’Adidas; avant’ieri a Meda, campo prestato al Renate che non lo ha in regola con i canoni del calcio professionistico, quelli dell’Olbia le avevano di mille colori. Questione di mode, di marketing: inutile fare i nostalgici per un calcio che non c’è più. Quello che non è cambiato, nella serie C, è l’atteggiamento che si deve avere: le partite sono tutte una battaglia, c’è un gioco simile a quello inglese, molto intenso, molto maschio.
Come spiegare psicologicamente il ko con il Renate? All’Olbia vista all’opera contro il Renate - e sconfitta per 2-1, gol dei brianzoli al 29’ pt con Di Gennaro, pari dei bianchi al 43’ pt con Capello, gol sconfitta subito su rigore di Napoli al 30’ st - è mancata un po’ di fame, per usare una parola che amano pronunciare dirigenti e allenatori per spiegare che in quella categoria serve dare tutto, dal primo all’ultimo minuto. Può essere. O, forse più sottilmente, la spiegazione può esseere un’altra: è stata troppo timida, quasi come impaurita dal grande salto. Un peccato di gioventù, probabilmente: l’undici iniziale dei bianchi avevano un’età media di 22 anni, due anni sotto la media del girone A. Non a caso, dopo un primo tempo inguardabile, complici i richiami di mister Michele Mignani, nella ripresa l’Olbia si è ridestata, tenendo bene il campo. Come se fosse più fiduciosa dei propri (tanti) mezzi.
Questa paura, concretamente, come si è manifestata? L’Olbia ha buttato una serie infinita di palloni. Sul taccuino sono finite 10 palle perse nel primo tempo, contro le 3 recuperate; e 9 nel secondo, contro sempre 3 recuperate.
Atteggiamento a parte, che cosa non ha funzionato nell’Olbia? Non ha funzionato il centrocampo, prima di tutto e dunque soprattutto. Il 3-5-2 usato dall’ex Foschi ha permesso al Renate di essere sempre superiore in mezzo al campo. Le due mezzali bianche, Muroni a destra e Feola a sinistra, sono state spesso fuori posto: né efficaci in copertura, né incisive in attacco. Mai in sintonia con i rispettivi terzini (Russu e Cotali). Nel 4-3-1-2 di Mignani quei meccanismi sono fondamentali, e andranno ripassati per bene.
Quanto ha inciso questo blaco out del centrocampo sulla difesa? Lo scarso filtro a centrocampo, arginato da un positivo Geroni davanti alla difesa, ha prodotto numerose incursioni del Renate lungo le fasce. E il muro, tutto sommato, ha retto. La coppia dei centrali ha funzionato bene, sbrogliando più di una situazione difficile. Bene Miceli, e bene anche Dametto, nonostante il fallo da rigore che ha dato al Renate la vittoria. Una garanzia da cui ripartire.
Che cosa ha funzionato? Più di tutti, Cossu. Ha inventato calcio, a tratti era immarcabile, si muoveva su ogni fronte, prendeva palla a centrocampo e lanciava. Dai suoi piedi, tre occasioni: lancio per Kokou, con tiro alto davanti al portiere (21’ pt); assist illuminante per Kouko e passaggio a Capello per il gol dell’1-1 (42’ pt); altro lancio smarcante per la coppia Capello-Kokou, tiro ritardato e dunque stoppato (14’ st). Solo una rete, certo, su tre chance. Ma se Kokou avesse segnato, o nel primo tempo e o nella ripresa, forse la partita sarebbe stata diversa.