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La Dinamo e l’incontro con Renzi, Sardara: «Caduti in un trappolone»

di Mario Carta
La Dinamo e l’incontro con Renzi, Sardara: «Caduti in un trappolone»

Il presidente della società biancoblù: «Noi facciamo basket, non politica. C’è qualcuno che ha voluto strumentalizzare il caso, ma noi non ci schieriamo»

19 novembre 2016
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SASSARI. Incombe la sfida con Avellino di domani all’ora di pranzo, per la Dinamo vale un posto ben definito nell’alta classifica della A di basket ma più che della partita a Sassari si discute ancora di giovedì al Teatro Verdi, quando la Dinamo sul palco ha incontrato il presidente del consiglio Matteo Renzi in occasione del comizio per il prossimo referendum. Le foto della squadra con sullo sfondo il Sì hanno scatenato un putiferio. Per evitare che la vicenda si trasformi in un referendum pro o contro questo aspetto della vita Dinamo, e per mettere la parola fine alla vicenda, il presidente biancoblù Stefano Sardara, ieri ha voluto ribadire le sue ragioni. «Siamo caduti in un trappolone», è la sostanza della sua tesi. E la Dinamo ci sarebbe cascata in buona fede.

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Per risollevarsi ha trovato una maggioranza di mani tese, da chi non dimentica come la Dinamo si sia sinora sempre saputa districare nell’inevitabile ardua convivenza col mondo esterno, politico compreso.

Difficile credere che lo scivolone sia stato intenzionale. Nella sua esperienza di navigato navigatore, Sardara ha sempre offerto la passerella ad altri senza salirci su, mantenendosi equidistante, trattando con savoir fair con parti politiche opposte e rispondendo sempre puntualmente, senza piegarsi alle esigenze, anche politiche, a sponsor e sostenitori.

«Mi dispiace che sia venuto fuori questo pandemonio – spiega il numero uno della Dinamo il giorno dopo –, per qualcosa che aveva una finalità completamente diversa: dopo lo scudetto volevamo rispondere a quell’invito del Presidente che a luglio, per i nostri impegni alla Summer League, non era stato possibile onorare. Siamo stati noi a chiedergli di ritagliarci uno spazio in questa occasione, per dargli la nostra maglietta. Non era certo volontà di Renzi strumentalizzare l’incontro».

Che è stato ben strumentalizzato, però.

«C’è chi ha inquadrato il momento con bene impressi slogan e simboli del referendum. C’è chi ne ha approfittato, ma noi abbiamo fatto rimuovere quelle foto da tutti i siti».

Non si poteva trovare un altro momento?

«Abbiamo chiesto noi che ci ritagliasse uno spazio. L’aereo partiva, è il presidente del Consiglio, non poteva venire lui da noi. Qualcuno ne ha approfittato per dare una lettura assolutamente scorretta dell’incontro e noi questo lo abbiamo denunciato a chiare lettere».

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La Dinamo non fa politica, dite da sempre.

«E lo ripeto. Non faranno mai politica né la Dinamo né il suo presidente, e sapete quante volte mi abbiano proposto un impegno da una parte e dall’altra. Ho sempre rifiutato. Siamo gente di sport, i tifosi sono liberi».

Però questa volta...

«Abbiamo partecipato a tante altre occasioni ufficiali con i vari lati della politica ma mai era scoppiato un casino del genere».

Soprattutto sui social.

«E’ stato amplificato tutto. I social sono una forza ma anche un mondezzaio, ma i tifosi e il mondo che ci osserva sono più intelligenti di questi digitatori seriali, ».

Nessuno ha pensato di stacccare con il comizio, oscurare gli slogan e passare al momento-Dinamo, a parte?

«A cose fatte sì, dico che ci saremmo dovuti comportare così ma il problema è chi ha fatto girare le foto, altrimenti parleremmo del nulla».

La Dinamo non si schiera.

«Non vedrete mai il presidente della Dinamo schierato, o con una qualsiasi tessera in mano. Sul palco non si è parlato di referendum ma di basket, Renzi dava le spalle alla platea e non voleva certo farsi l’immaginetta con noi. Ha parlato delle sue convinzioni cestistiche. No, è stato un trappolone».

Lo rifarebbe?

«Sicuramente. Il presidente del consiglio è il presidente di un’istituzione, al di là dei simboli di partito. Col senno di poi, però, farei bonificare la zona».

Presidente: sì o no?

«Né sì, né no. Noi dialoghiamo con le istituzioni, non con i colori politici».

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