Messi o Ronaldo? The best is... Pisacane
“The Guardian” premia il difensore rossoblù come esempio di tenacia e di coraggio nella lotta contro un male terribile
CAGLIARI. Una piscina e una club house sullo sfondo. E la felpa di una squadra di serie A, il Cagliari. Lui è Fabio Pisacane, difensore: la foto pubblicata su The Guardian lo ritrae con un prestigioso premio, quello di giocatore dell'anno. Il riconoscimento del quotidiano inglese arriva non per i gol fatti o evitati. Ma per la tenacia del giocatore che prima di arrivare alla massima serie ha dovuto affrontare e scavalcare tanti ostacoli. Quello più alto e difficile? La sindrome di Guillan-Barrè a quattordici anni. Una patologia che attacca i muscoli. Ma lui ha avuto più muscoli della malattia: ha sopportato cure e ospedali. E poi ha continuato a inseguire il suo sogno: diventare calciatore. Quando quel sogno è diventato esordio in serie A, a 30 anni, lui, un duro, si è sciolto in lacrime. L'articolo ripercorre tutte le tappe della favola: dalla nascita nei quartieri spagnoli a Napoli. La camorra? «Una volta - racconta nell'intervista - stavo giocando a pallone e uccisero una persona a pochi metri da noi». Poi la carriera da calciatore. Scovato dai talent scout del Genoa a quattordici anni. Nella città ligure l'attacco della malattia: «Le mie braccia non rispondevano». Poi le cure, l'ospedale e la ripresa. Finalmente di nuovo in campo. Quindi un altro momento difficile e importante della sua carriera: il no a chi gli chiedeva di truccare una partita. «Io non faccio queste cose», spiegò. Avanti così, a testa alta. Quindi la chiamata del Cagliari in B. Con la promozione in A a fine stagione. Un'altra data da incorniciare: 18 settembre, gara con l'Atalanta, esordio in A. Al fischio finale un mare di lacrime.
Il difensore, battezzato da Massimo Rastelli "pisadog" e chiamato "cagnaccio" fin dai tempi dell'Avellino, ai cronisti inglesi ha parlato della malattia e della sua vittoria più bella. «La sindrome di Guillain-Barrè è una patologia che colpisce una persona su un milione e deve fare il suo corso. Una volta che hai toccato il fondo, o risali oppure è tutto finito. In quei brutti momenti, quando credevo di non farcela, pensavo solo alla mia famiglia: non volevo abbandonare i miei cari».
Pisacane ne ha fatto un punto di partenza: «Ora credo che la malattia non sia venuta per uccidermi, ma per rendermi più forte: altrimenti non sarei qui a parlarne».
Il Guardian parla anche di probità e fair play. La denuncia del tentativo di combine, il premio Uefa, gli applausi e la menzione della Federcalcio con la giornata da convocato speciale a Coverciano. Insomma, una bella cartolina dal mondo pallonaro, troppo spesso egoista e distante da emozioni sincere.
Con un pensiero a papà Andrea: Fabio non scorda la famiglia e le origini umili. E appena l’altro ieri si è fatto il regalo più bello: la moglie Maria Rosaria ha messo al mondo, in una clinica di Napoli, Francesco. Una festa nella festa. Il fiocco azzurro ha fatto impazzire di gioia il difensore e chi, in tutti questi anni, gli è stato vicino.
"Un eroe moderno" scrive il Guardian. Lui abbozza. E pensa alla prossima col Milan: un'altra pagina preziosa di un libro ancora tutto da leggere. «Sono una persona semplice – racconta al quotidiano inglese – e non ho mai pensato di dover essere considerato un esempio. Non pianifico le emozioni però direi una bugia se dicessi di non essere felice».