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La rinata Torres ora vuole fare il salto di qualità

Antonio Ledà
La rinata Torres ora vuole fare il salto di qualità

Il presidente Sechi dopo la promozione in D: «Sono pronto a incontrare il Latte Dolce»

14 giugno 2018
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SASSARI. Qualche giorno per smaltire l'adrenalina, la tensione, la gioia per il risultato raggiunto. Salvatore Sechi, presidente della Torres, si gode il ritorno in serie D della sua squadra e riparte dal 4-4 sul campo del Cannara che entra nella storia del calcio sassarese per guardare al domani.

Presidente avete centrato una vittoria fantastica e insperata.

«Comincio a realizzarlo soltanto adesso. Fino a ieri ero preso da altri problemi e dalle incombenze di gestire una squadra importante come la Torres. Adesso comincio a capire che abbiamo davvero realizzato un'impresa. Rivedo il film del campionato e mi rendo conto di quanto sia stato complicato e bellissimo arrivare fin dove siamo arrivati».

Facciamo un passo indietro. Quando e perchè ha deciso di riprendersi la Torres?

«Io ero già stato dirigente della Torres poi, pur rimanendo rossoblù nel profondo dell'animo, non mi sono più occupato di pallone. L'anno scorso ho letto le disavventure di Daniele Piraino e mi ha fatto male vedere la Torres, la mia Torres, devastata in questo modo nell'indifferenza di tutti».

Quando ha capito che non poteva più stare a guardare.

«Quando ho letto sulla "Nuova" che i giocatori erano stati sfrattati dal Vialetto. Mi ha fatto male e ho deciso di fare la mia parte. Ho parlato con i titolari dell’hotel, ho pagato le stanze e poi ho avuto un primo contatto con il presidente Piraino e con i tifosi. Sono stati i ragazzi della curva a chiedermi di salvare almeno la dignità di una squadra con oltre cento di storia di storia».

Che cosa c’era nella Torres?

«Ho scoperto una società devastata dai debiti maturati negli anni ma anche un orgoglio e un senso di appartenenza che erano gli stessi della squadra che avevo lasciato io. Ho tamponato le falle fin che ho potuto e ho evitato che la Federazione ci radiasse dal campionato. Sarebbe stata una macchia indelebile e la fine della società. Non sono riuscito a scongiurare la retrocessione ma abbiamo concluso la stagione a testa alta, ancora vivi, ancora fieri di esserci».

Perchè allora si è iscritto al campionato di Eccellenza con il titolo sportivo del Tergu?

«Questo è stato un passaggio chiave e inevitabile del nuovo corso rossoblù. La società di Daniele Piraino non era salvabile. Ci sarebbero voluti milioni di euro per rimetterla in piedi e allora ho seguito un'altra strada, d'accordo con la Federazione. Sono diventato presidente del Tergu, ho salvato il nome della Torres (col beneplacito della Figc) è abbiamo cominciato la nuova avventura».

L'avvio del campionato è stato difficile. Che cosa non ha funzionato?

«Adesso si può dire. Era una squadra costruita male. O almeno non all'altezza delle ambizioni della Torres. Dopo cinque gare avevamo la miseria di cinque punti. Poi abbiamo perso col Sorso e lo Stintino e allora ho deciso di far pesare il mio ruolo. A ottobre ho cambiato allenatore e ho preso in mano il timone della baracca».

Perchè Pino Tortora?

«L'avevo conosciuto l'anno prima e c'eravamo capiti subito. Aveva guidato l'Avezzano nell'ultima partita di serie D al Vanni Sanna. La Torres era retrocessa ma era uscita dal campo salutata da una grande applauso della curva Nord. Tortora rimase colpito e mi disse che non aveva mai visto una scena del genere. Quando l'ho chiamato chiedendogli se fosse interessato di venire ad allenare a Sassari non ci ha pensato un attimo. Ha preso il primo volo e l'indomani mattina era già in campo».

Anche col nuovo allenatore l'inizio non è stato facile.

«Non c'è stata una scossa immediata, ma la squadra ha cominciato a crescere giorno dopo giorno, partita dopo partita. Dopo Tortora sono arrivati il suo vice, Melfi, (un fratello maggiore per i giocatori) e poi i rinforzi di gennaio: Merenda, Chessa, Chelo, Spinola e Mannoni».

Con l'anno nuovo è cominciata un’altra storia.

«E' cambiato tutto. Io ho cercato di stare molto vicino alla squadra sfruttando l'esperienza maturata in serie C e ho dato alla società un'impronta il più professionale possibile. I ragazzi sono diventati un gruppo vero e abbiamo cominciato, piano piano, a scalare la classifica».

Parlare di promozione sembrava impossibile. Quanto ci credevate.

«Parlando con Tortora dicevamo "se le vinciamo tutte..." però sapevamo che sarebbe stata durissima».

E invece...

«E invece abbiamo cominciato davvero a vincere e, soprattutto, ad acquisire la mentalità della squadra che sa di essere la più forte. Da gennaio abbiamo inanellato 20 risultati utili consecutivi. Un piccolo miracolo sportivo e umano».

Avete fatto un altro capolavoro. Quello di riportare il pubblico allo stadio. Non era un'impresa facile.

«I tifosi sono stati il nostro dodicesimo uomo in campo. E non lo dico per piaggeria. Vedere i giocatori festeggiare le vittorie cantando sotto la curva significa che c'è qualcosa di più del semplice tifo. C'è complicità, passione vera, un senso di appartenenza che fa della Torres una società speciale».

Torniamo a domenica e alla sfida promozione. Dopo 4 minuti l'arbitro ha fischiato un rigore a favore del Cannara. Ha avuto paura?

«Mai. Per i motivi che le ho detto ero sicuro che la Torres avrebbe reagito. Abbiamo disputato tutto il campionato in salita. Non potevamo perdere la finale».

Presidente e adesso?

«E adesso siamo già al lavoro. Volevo prendermi qualche giorno di pausa ma lunedì mattina mi hanno chiamato dalla Federazione per farmi gli auguri e ricordarmi le scadenze per l'iscrizione in serie D. dunque niente ferie».

Non le chiedo della squadra perchè so che è prematuro e, forse, ingeneroso nei confronti dei ragazzi protagonisti della promozione. Però in serie D è un'altra musica.

«Ci rinforzeremo. Sicuramente non faremo le comparse».

Tortora resterà a Sassari per altri due anni. Questo significa che avete già abbozzato un programma a medio-lunga scadenza.

«Io ho sfiorato la serie B. Non voglio fermarmi alla D. Stiamo programmando il futuro e vogliamo farlo con serietà, tenendo i piedi per terra ma ricordandoci di essere la Torres».

Presidente un'ultima domanda. A Sassari si parla molto di possibili fusioni col Latte Dolce o di collaborazioni di un qualche tipo. Che cosa c'è di vero?

«Ho sempre detto che le porte della Torres sono aperte a tutti quelli che hanno voglia di investire nel pallone per aiutarci a portare avanti il progetto. Più investitori ci sono meglio è. Però attenzione. Parlo di imprenditori e non di altre cose. Non mi piacciono le cose pasticciate e non vado dietro alle voci. Se c'è qualcuno interessato sono pronto a parlarne. Sediamoci a un tavolo, in maniera limpida e pubblica. Fino a questo momento non ho incontrato nè sentito nessuno. Scrivetelo perchè con i “si dice” non si va da nessuna parte» .

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