La Nuova Sardegna

Sport

calcio

Ora il super Cagliari vuole brindare col sommelier Faragò

Roberto Muretto
Paolo Faragò
Paolo Faragò

La faccia è quella del bravo ragazzo. Gentile, educato, sorridente. Un modo di fare che non è solo quello della vita di tutti i giorni, il comportamento è lo stesso anche quando scende in campo

18 novembre 2019
4 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. La faccia è quella del bravo ragazzo. Gentile, educato, sorridente. Un modo di fare che non è solo quello della vita di tutti i giorni, il comportamento è lo stesso anche quando scende in campo. Paolo Faragò insieme alla compagna Irene si gode il momento felice ma lo fa con la razionalità di una persona intelligente, capace di non esaltarsi. In questa intervista conferma di essere un calciatore senza grilli per la testa, che non si mette sul piedistallo, non guarda gli altri dall'alto verso il basso.

Di lei che cosa le piace e che cosa no?

«Mi piace la mia curiosità di scoprire cose nuove. In ambito lavorativo, invece, non ho mai avuto grande autostima ma è un elemento che ha giocato a mio favore. Mi sono sempre chiesto se fossi all'altezza, questo mi ha portato a migliorarmi.

Un errore da non rifare?

«Non ci sono scelte che rimpiango. Anche quelle che alla fine si sono rivelate sbagliate Mi sono servite a riflettere».

Tre parole per descrivere la vita a Cagliari?

«Solare dal punto di vista climatico. Sorridente, come il modo di vivere delle persone. Balneare, perché adoro il mare e lo posso vedere tutti i giorni».

Un'espressione in sardo che ha imparato?

«A marolla (per forza ndr)

Il rapporto con i social?

«Twitter è una fonte di informazione, ma il social che uso di più è Instagram. Se utilizzati in modo corretto possono portare a socializzare, condividere momenti belli, restare in contatto con persone che perderesti di vista. Sono un' arma a doppio taglio perché danno parola a chiunque, questo è pericoloso».

Quanto contano i procuratori nel calcio di oggi?

«La fortuna del procuratore nel 99% dei casi la fa il calciatore. Nel mio caso è un tramite. Lui non parla per me».

Le dà fastidio leggere giudizi pesanti dopo una partita?

«So valutare la mia prestazione. Sono severo con me stesso e mi condanno quando sbaglio. Se gioco male e leggo anche commenti negativi mi abbatto ancora di più».

Come si guadagna il rispetto dei colleghi?

«Intanto devi essere tu rispettoso. Io lo faccio con tutti i compagni, sono corretto, educato, disponibile. Mai portare i problemi all'interno dello spogliatoio, di lavoro e non.

Una sua passione?

«Ho un labrador che si chiama Leone ma lui è una quotidianità. Il mare, la pesca, i vini. Sto seguendo un corso da sommelier a Cagliari, ho superato due esami. Il più difficile lo sosterrò alla fine del terzo anno».

A cosa pensa prima di una partita importante?

«Nei giorni precedenti alla squadra avversaria, ai giocatori che dovrò affrontare, studio le loro caratteristiche. In prossimità della gara, ascolto musica, guardo la tv, concentrarsi troppo sulla partita brucia energie mentali che servono in campo».

Se apriamo il suo armadio cosa ci troviamo dentro?

«Vesto in modo classico. Mi piacciono camicie e maglioni».

Il Cagliari si è preso il palcoscenico, la parte più difficile è confermarsi?

«Sì. Dobbiamo essere bravi a non distrarci, pensare gara dopo gara, senza fare voli pindarici. Stiamo facendo bene ma siamo a novembre. Il nostro pensiero deve essere quello di continuare su questo binario».

Durante l’infortunio quali erano i suoi pensieri?

«Ho fatto i primi due mesi a Roma. Cominciavo alle 9 con le terapie e finivo la sera alle 20. Ero concentrato solo su quello. Appena ho capito i tempi di recupero, ho messo un cerchietto rosso sulla gara con la Spal e sono rientrato in quella data».

Vuole dare un consiglio a Cragno e Pavoletti costretti a stare fuori?

«La squadra ha bisogno di loro. Conta molto la voglia di ritornare ma non bisogna accelerare il recupero, sarebbe la cosa più sbagliata da fare».

Europa, è una parolaccia?

No. Sappiamo che ci sono squadre più attrezzate di noi. Stiamo dimostrando di essere un team che dà filo da torcere a tutti. Siamo una bella realtà. Sono altre le formazioni che se non centrano l'Europa hanno fallito. Ricordiamoci che siamo partiti per salvarci.

Nainggolan è un leader?

«Sì. Lo dimostra in ogni partita. È un ragazzo che ha fatto parlare molto di sé, a me piace quando lo fa sul campo. Non mi piace quando viene descritto in un certo modo da chi non lo conosce e non lo vive. Io vedo come gioca e come si allena».

Giulini è un presidente...

«Ambizioso, lungimirante».

Maran è un allenatore...

« Dà identità e organizzazione alla squadra. Non tutti gli allenatori hanno questa qualità».

Viene sottovalutato?

«Se al suo posto ci fossero stati allenatori più spinti dai media se ne sarebbe parlato di più. Alcuni tecnici vengono associati al bel gioco, ma se non porta risultati a che serve?

I complimenti fanno male?

«Se fossimo una squadra poco abituata alla serie A direi di sì. Siamo una formazione con calciatori che hanno giocato partite importanti in stadi importanti. I complimenti sono la linfa che deve spingerci a fare di più e meglio».

I tifosi del Cagliari dite che sono unici, perché?

«La differenza è questa: il Cagliari è la nazionale della Sardegna. Dove andiamo ci sentiamo coccolati, supportati. Per noi difendere questi colori è un orgoglio».

La Nazionale, ci pensa?

«È un sogno. Mi rendo conto che devo lavorare tanto, dimostrare con la mia squadra di essere all'altezza».

Se le dicessero: il Cagliari arriva 7° ma è fuori dall'Europa, firmerebbe?

«No. Il futuro non si può programmare, è da perdenti. Non bisogna porsi limiti».

©RIPRODUZIONE RISERVATA



In Primo Piano
La polemica

Pro vita e aborto, nell’isola è allarme per le nuove norme

di Andrea Sin
Le nostre iniziative