«Questo Cagliari può davvero arrivare molto in alto»
di Roberto Muretto
Cera, capitano della squadra dello scudetto, incita i rossoblù «Nella squadra di oggi c’è lo stesso feeling che avevamo noi»
20 novembre 2019
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CAGLIARI. Forse è stato il primo ad interpretare in modo moderno il ruolo del libero. Pierluigi Cera, capitano dello storico scudetto del Cagliari, ha legato la sua carriera ai colori rossoblù. «Mi sono rimasti nel cuore - dice con orgoglio -. Sono stato in Sardegna 10 anni e ancora oggi non mi perdo una partita». Originario di Legnago, racconta come l’allora tecnico Scopigno lo convinse ad arretrare in difesa lui che era nato come centrocampista. «Si era infortunato Tomasini, l’allenatore mi chiese se me la sentivo di fare il libero. Io gli risposi di sì, aggiungendo a patto che lei mi faccia interpretare il ruolo a modo mio. Nel senso che io ho sempre giocato la palla dal basso, buttarla via non era nelle mie corde. Nel Cagliari di oggi mi rivedo un po’ in Ceppitelli».
Questo Cagliari, secondo lei, dove può arrivare?
«Se gioca sempre come contro l’Atalanta e la Fiorentina, molto in alto. Avere una difesa solida, come lo era la nostra la stagione dello scudetto, è un grande vantaggio. E quella rossoblù, attualmente, è tra le migliori in assoluto».
Troppo entusiasmo è un’arma a doppio taglio?
«No, ci vuole e diventa uno stimolo. I sogni vanno alimentati e quando giochi bene, come sta facendo la squadra di Maran, nessun traguardo è precluso. Abbiamo giocato un calcio migliore l’anno prima dello scudetto, ma quel secondo posto ha fatto maturare in noi la consapevolezza che potevamo fare meglio. Naturalmente si deve sempre restare umili».
La dirigenza di allora era formata da tifosi del Cagliari, Giulini è su questa strada?
«È appassionato, ci tiene tantissimo. Ha costruito una squadra vera, forte in ogni reparto. Noi eravamo una famiglia, stavamo sempre insieme. Sapevamo che c’erano tifosi che si alzavano all’alba per venirci a vedere, che già alle 10 della mattina affollavano le tribune dello stadio. Per noi era motivo di orgoglio, un grandissimo stimolo».
Verrà a Cagliari a vedere dal vivo una partita?
«L’ultima volta che sono stato in Sardegna è 10 anni fa, quando c’è stata la festa per il quarantennale dello scudetto. La voglia di tornare e di rivedere la città che è stata casa mia per tanto tempo, è forte».
Oggi la parola autostima è abusata?
«La sento dire spesso. È una questione di carattere. Noi eravano tutti amici e ognuno sapeva quello doveva fare in campo. Il Cagliari di oggi è un bel gruppo, quasi una famiglia. L’armonia nello spogliatoio è fondamentale».
Che ne pensa di Maran?
«È bravo. Lo sta dimostrando non solo con i risultati ma anche con il gioco. Il Cagliari esprime un bel calcio. Il primo tempo con la Fiorentina è stato uno spettacolo. E poi c’è Nainggolan, un calciatore che fa la differenza. Lui ha nelle corde giocate da campione. L’Inter ha sbagliato a lasciarlo partire. Secondo me si sono pentiti ma non lo diranno mai».
Mandi un sms ai tifosi.
«Andate allo stadio, divertitevi e godetevi lo spettacolo che offre la squadra. Ai miei tempi era il pubblico più corretto d’Italia. A fine partita c’erano applausi per tutti, anche per gli avversari. Dovrebbe essere sempre così».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Questo Cagliari, secondo lei, dove può arrivare?
«Se gioca sempre come contro l’Atalanta e la Fiorentina, molto in alto. Avere una difesa solida, come lo era la nostra la stagione dello scudetto, è un grande vantaggio. E quella rossoblù, attualmente, è tra le migliori in assoluto».
Troppo entusiasmo è un’arma a doppio taglio?
«No, ci vuole e diventa uno stimolo. I sogni vanno alimentati e quando giochi bene, come sta facendo la squadra di Maran, nessun traguardo è precluso. Abbiamo giocato un calcio migliore l’anno prima dello scudetto, ma quel secondo posto ha fatto maturare in noi la consapevolezza che potevamo fare meglio. Naturalmente si deve sempre restare umili».
La dirigenza di allora era formata da tifosi del Cagliari, Giulini è su questa strada?
«È appassionato, ci tiene tantissimo. Ha costruito una squadra vera, forte in ogni reparto. Noi eravamo una famiglia, stavamo sempre insieme. Sapevamo che c’erano tifosi che si alzavano all’alba per venirci a vedere, che già alle 10 della mattina affollavano le tribune dello stadio. Per noi era motivo di orgoglio, un grandissimo stimolo».
Verrà a Cagliari a vedere dal vivo una partita?
«L’ultima volta che sono stato in Sardegna è 10 anni fa, quando c’è stata la festa per il quarantennale dello scudetto. La voglia di tornare e di rivedere la città che è stata casa mia per tanto tempo, è forte».
Oggi la parola autostima è abusata?
«La sento dire spesso. È una questione di carattere. Noi eravano tutti amici e ognuno sapeva quello doveva fare in campo. Il Cagliari di oggi è un bel gruppo, quasi una famiglia. L’armonia nello spogliatoio è fondamentale».
Che ne pensa di Maran?
«È bravo. Lo sta dimostrando non solo con i risultati ma anche con il gioco. Il Cagliari esprime un bel calcio. Il primo tempo con la Fiorentina è stato uno spettacolo. E poi c’è Nainggolan, un calciatore che fa la differenza. Lui ha nelle corde giocate da campione. L’Inter ha sbagliato a lasciarlo partire. Secondo me si sono pentiti ma non lo diranno mai».
Mandi un sms ai tifosi.
«Andate allo stadio, divertitevi e godetevi lo spettacolo che offre la squadra. Ai miei tempi era il pubblico più corretto d’Italia. A fine partita c’erano applausi per tutti, anche per gli avversari. Dovrebbe essere sempre così».
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