Con Coleby nel motore il Banco può accelerare
di Andrea Sini
Basket, il bahamense si sta rivelando un innesto azzeccato per i biancoblù In questi anni il cambio di lunghi in corsa ha quasi sempre migliorato la Dinamo
31 gennaio 2020
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SASSARI. Metti un nuovo lungo nel motore, e ci sono buone probabilità che il numero dei giri salga sensibilmente. A patto, chiaramente, di fare la scelta giusta. Da meno di due settimane la Dinamo ha inserito nel suo motore Dwight Coleby, chiamato a sostituire un Jamel McLean troppo scontento, umorale e inaffidabile, e dopo tre partite si può già dire che la situazione si sta facendo intrigante. Il giocatore nato alle Bahamas ha già mostrato ottime doti di rimbalzista offensivo, una discreta mano dalla media e soprattutto un livello di intensità che si sposa alla perfezione con quanto richiesto da coach Pozzecco. La prospettiva è quella di migliorare ancora.
Le pesche miracolose. Nel ventennio trascorso tra il primo campionato di A2 (1989-’90, epoca pioneristica dei due americani) e il balzo nella massima serie (2010), i cambi in corsa di lunghi stranieri fruttarono qualche clamoroso bidone (Anthony Reed su tutti) ma anche qualche ottimo affare: da Dallas Comegys, pescato in tutta fretta dopo l’infortunio di Floyd Allen, a Irving Thomas, passando per George Banks, arrivato a stagione iniziata al posto di Emmett Hall.
L’era moderna. Nell’epoca della serie A, dal 2010, i cambi in corsa nei ruoli di quattro e cinque sono stati complessivamente positivi. Nella stagione d’esordio, a metà stagione coach Meo Sacchetti si trovò presto alle prese con l’infortunio del ceco Jiri Hubalek, uno degli eroi della promozione dell’anno precedente. Al suo posto arrivò Vanja Plisnic, elemento solido, affidabile e grande uomo-spogliatoio, che alla lunga venne preferito a Hubalek anche dopo che quest’ultimo recuperò dall’infortunio.
L’importanza della scelta. Al netto del rischio infortuni, non preventivabile, azzeccare le scelte a inizio stagione è naturalmente fondamentale per evitare problemi successivamente. Lo scorso anno, per esempio, con Cooley e Thomas la coppia Esposito-Pasquini fece bingo e non ci furono cambi in corsa, così come la stagione precedente, con la coppia Darko Planinic-Shawn Jones complessivamente incostante ma comunque solida. Ben più complicate, da questo punto di vista, erano state le due annate precedenti: nel 2016-’17 un Gabe Olaseni impalpabile (6,1 punti e 3,8 rimbalzi) venne sostituito dopo 10 gare Gani Lawal, che alzò il livello ma si mostrò incostante e scostante. E nell’anno post scudetto, il 2015-’16, con Jarvis Varnado e Joe Alexander il Banco non toccò certo il top a livello di personalità e garra vicino alle plance, con il “cavallo di ritorno” Kenny Kadji che si rivelò un pessimo affare. Da ricordare anche l’avvicendamento tra Linton Johnson e Drew Gordon (2013-’14) e il ritorno dello stesso Gordon a metà stagione successiva.
Gli eroi tricolori. Anche nell’anno del triplete il Banco cambiò in corsa: Miro Todic andò via dopo 15 gare di campionato e venne sostituito proprio da Kadji, camerunense non proprio cuor di leone ma comunque utilissimo, mentre nel frattempo la società aveva inserito nel roster come “insurance guy” anche Cheick Mbodj, che ebbe la sua serata di gloria in gara4 della semifinale con Milano.
I bidoni dei bidoni. Nell’estate 2011 arrivò a Sassari il rookie Keith Benson, scelto al secondo giro dagli Atlanta Hawks, un personaggio a dir poco particolare: con la Dinamo giocò 4 gare da 5,5 punti e 5 rimbalzi prima di venire tagliato. Al suo posto ecco il colosso Steven Hunter, arrivato con un ginocchio in poltiglia dopo una vita in Nba, e rispedito al mittente dopo appena 6 gare. La terza scelta, Tony Easley, si rivelò azzeccata e il Banco tirò un sospiro di sollievo.
Le pesche miracolose. Nel ventennio trascorso tra il primo campionato di A2 (1989-’90, epoca pioneristica dei due americani) e il balzo nella massima serie (2010), i cambi in corsa di lunghi stranieri fruttarono qualche clamoroso bidone (Anthony Reed su tutti) ma anche qualche ottimo affare: da Dallas Comegys, pescato in tutta fretta dopo l’infortunio di Floyd Allen, a Irving Thomas, passando per George Banks, arrivato a stagione iniziata al posto di Emmett Hall.
L’era moderna. Nell’epoca della serie A, dal 2010, i cambi in corsa nei ruoli di quattro e cinque sono stati complessivamente positivi. Nella stagione d’esordio, a metà stagione coach Meo Sacchetti si trovò presto alle prese con l’infortunio del ceco Jiri Hubalek, uno degli eroi della promozione dell’anno precedente. Al suo posto arrivò Vanja Plisnic, elemento solido, affidabile e grande uomo-spogliatoio, che alla lunga venne preferito a Hubalek anche dopo che quest’ultimo recuperò dall’infortunio.
L’importanza della scelta. Al netto del rischio infortuni, non preventivabile, azzeccare le scelte a inizio stagione è naturalmente fondamentale per evitare problemi successivamente. Lo scorso anno, per esempio, con Cooley e Thomas la coppia Esposito-Pasquini fece bingo e non ci furono cambi in corsa, così come la stagione precedente, con la coppia Darko Planinic-Shawn Jones complessivamente incostante ma comunque solida. Ben più complicate, da questo punto di vista, erano state le due annate precedenti: nel 2016-’17 un Gabe Olaseni impalpabile (6,1 punti e 3,8 rimbalzi) venne sostituito dopo 10 gare Gani Lawal, che alzò il livello ma si mostrò incostante e scostante. E nell’anno post scudetto, il 2015-’16, con Jarvis Varnado e Joe Alexander il Banco non toccò certo il top a livello di personalità e garra vicino alle plance, con il “cavallo di ritorno” Kenny Kadji che si rivelò un pessimo affare. Da ricordare anche l’avvicendamento tra Linton Johnson e Drew Gordon (2013-’14) e il ritorno dello stesso Gordon a metà stagione successiva.
Gli eroi tricolori. Anche nell’anno del triplete il Banco cambiò in corsa: Miro Todic andò via dopo 15 gare di campionato e venne sostituito proprio da Kadji, camerunense non proprio cuor di leone ma comunque utilissimo, mentre nel frattempo la società aveva inserito nel roster come “insurance guy” anche Cheick Mbodj, che ebbe la sua serata di gloria in gara4 della semifinale con Milano.
I bidoni dei bidoni. Nell’estate 2011 arrivò a Sassari il rookie Keith Benson, scelto al secondo giro dagli Atlanta Hawks, un personaggio a dir poco particolare: con la Dinamo giocò 4 gare da 5,5 punti e 5 rimbalzi prima di venire tagliato. Al suo posto ecco il colosso Steven Hunter, arrivato con un ginocchio in poltiglia dopo una vita in Nba, e rispedito al mittente dopo appena 6 gare. La terza scelta, Tony Easley, si rivelò azzeccata e il Banco tirò un sospiro di sollievo.