il pallone in difficoltà
L’Uruguay licenzia il ct Tabarez e l’Europa taglia per evitare il crac
ROMA. Chi non lavora non fa l'amore, cantava Adriano Celentano. E, il più delle volte, perde lo stipendio. Potrebbe presto essere il caso dei calciatori che, nell'epoca del pallone sgonfiato dal...
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ROMA. Chi non lavora non fa l'amore, cantava Adriano Celentano. E, il più delle volte, perde lo stipendio. Potrebbe presto essere il caso dei calciatori che, nell'epoca del pallone sgonfiato dal coronavirus, dovranno rassegnarsi a vederselo decurtare. Se non vanno in campo, né si allenano, perché pagare per intero giocatori che non giocano? Sempre più società in Europa se lo chiedono e l'invito a “stringere la cinghia” si fa pressante.
La Federcalcio uruguaiana ha sospeso a tempo indeterminato tutti i contratti dei dipendenti. Di fatto, licenziati. Dal ct Tabarez agli amministrativi. Quasi 400 persone. In Australia il campionato si è fermato dopo la prima giornata. È stato raggiunto un accordo che prevede tagli fino al 70%. I giocatori riceveranno il 50% degli stipendi a fine maggio e poi il 30%, se la sospensione dovesse andare oltre. In Europa, ognuno per proprio conto, si sta cercando la formula più equa.
L'Italia ci pensa, ma una vera trattativa deve ancora essere abbozzata. In Francia diversi club hanno già annunciato il ricorso alla “disoccupazione parziale”. Oltralpe i calciatori sono equiparati ai normali lavoratori, non ci sono leggi speciali per lo sport. Campioni o no, se stanno a casa sono pagati di meno. Per il periodo della sosta forzata, il 70% lordo. Nella previdente Svizzera esiste invece una cassa integrazione speciale. Situazione più fluida in Germania. I giocatori del Borussia Moenchengladbach si sono ridotti volontariamente lo stipendio. Lo stesso hanno fatto quelli dello Schalke. Al Bayern Monaco, Neuer e compagni hanno accettato un taglio del 20%. In Inghilterra i giocatori sono pronti a sedersi al tavolo delle trattative. In Spagna, secondo Paese europeo dopo l'Italia per contagi e decessi, i primi a tagliare (fino al 70%) sono stati Atletico Madrid ed Espanyol.
La Federcalcio uruguaiana ha sospeso a tempo indeterminato tutti i contratti dei dipendenti. Di fatto, licenziati. Dal ct Tabarez agli amministrativi. Quasi 400 persone. In Australia il campionato si è fermato dopo la prima giornata. È stato raggiunto un accordo che prevede tagli fino al 70%. I giocatori riceveranno il 50% degli stipendi a fine maggio e poi il 30%, se la sospensione dovesse andare oltre. In Europa, ognuno per proprio conto, si sta cercando la formula più equa.
L'Italia ci pensa, ma una vera trattativa deve ancora essere abbozzata. In Francia diversi club hanno già annunciato il ricorso alla “disoccupazione parziale”. Oltralpe i calciatori sono equiparati ai normali lavoratori, non ci sono leggi speciali per lo sport. Campioni o no, se stanno a casa sono pagati di meno. Per il periodo della sosta forzata, il 70% lordo. Nella previdente Svizzera esiste invece una cassa integrazione speciale. Situazione più fluida in Germania. I giocatori del Borussia Moenchengladbach si sono ridotti volontariamente lo stipendio. Lo stesso hanno fatto quelli dello Schalke. Al Bayern Monaco, Neuer e compagni hanno accettato un taglio del 20%. In Inghilterra i giocatori sono pronti a sedersi al tavolo delle trattative. In Spagna, secondo Paese europeo dopo l'Italia per contagi e decessi, i primi a tagliare (fino al 70%) sono stati Atletico Madrid ed Espanyol.