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«Forza, vinceremo anche questa partita»

di Gianna Zazzara
«Forza, vinceremo anche questa partita»

Le vecchie stelle del Cagliari, da Tomasini a Cera e Reginato: «Dopo questa battaglia anche il calcio ne uscirà migliore»

30 marzo 2020
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SASSARI. A Cagliari è mezzogiorno e Beppe Tomasini ha appena terminato la sua sessione di addominali. «Un calciatore rimane calciatore per sempre. D’altronde solo così si può sopravvivere alla quarantena, lo consiglio a tutti. Basta una mezz’oretta: un po’ di tapis roulant e poi esercizi a terra e addominali, il classico allenamento degli sportivi. Funziona».

Tomasini. 73 anni, difensore, è stato campione d’Italia con il Cagliari nel 1970 insieme ad Andrea Reginato, Enrico Albertosi, Pierluigi Cera e il mitico Gigi Riva, “l’uomo d’acciaio” il suo soprannome. Da 50 anni vive a Cagliari ma non dimentica la sua Palazzolo sull’Oglio, paesino nella provincia di Brescia nel quale è nato, una delle zone più colpite dal contagio. «Cagliari ormai è la mia città ma Palazzolo sull’Oglio è sempre dentro di me. Ci sono ancora mia sorella e molti parenti. Li sento ogni giorno e mi raccontano che stanno vivendo una situazione molto triste, mi hanno parlato di 13 funerali in un giorno solo. Per questo dico a tutti che bisogna rispettare le regole, solo così riusciremo a vincere anche questa partita». Intanto, tra un esercizio e l’altro, Tomasini continua a parlare di calcio. «Dovremo darci tutti una bella ridimensionata, calcio compreso. Oggi la priorità è la salute, tutto il resto è secondario, quando si ricomincia, quando si finisce, le date... Ma due cose vorrei che fossero chiare. La prima è no allo scudetto a tavolino, sarebbe un tradimento. La seconda è la polemica sul taglio degli stipendi dei giocatori. Non ci dovrebbe essere discussione: tu mi chiedi un ingaggio ma se poi non rendi perché non giochi allora i soldi non li prendi. Punto. Tutti devono avere senso di responsabilità. Purtroppo oggi il calcio è solo business. Noi eravamo legati alla società, alla maglia, alla città, oggi invece i calciatori amano solo il soldo. Ma questo non basta a vincere uno scudetto. Noi abbiamo vinto non perché eravamo campioni d’ingaggi ma perché eravamo grandi amici, in campo e fuori. Se mi sarebbe piaciuto giocare adesso? No grazie».

Anche Reginato, 83 anni, portiere indimenticato, è felice di aver giocato un altro calcio. «Oggi è solo business – dice mentre continua a pedalare sulla cyclette– noi eravamo abituati a giocare di domenica sempre alle 15, che bei tempi.. oggi non fai in tempo a giocare una partita che dopo un paio di ore sei già su un aereo...». E il futuro del campionato? «L’obiettivo è finirlo, magari giocando fino a luglio. Sarei molto felice, così potrei andare al Sant’Elia ad applaudire il Cagliari. Quest’anno ho visto una squadra meravigliosa: Joao Pedro, Nainggolan. Certo, poi a un certo punto la magia si è rotta, deve essere successo qualcosa, ma ci ha regalato momenti indimenticabili. Posso dire una cosa? Se a un certo punto qualcosa si è rotto nella squadra la colpa non può essere stata solo di Maran, gli errori devono averli fatti tutti, compresi calciatori e dirigenti. Poi purtroppo nel calcio succede sempre così: quando le cose vanno bene il merito è di tutti, quando vanno male la colpa è solo dell’allenatore. Comunque sarei felice di vederli di nuovo in campo».

Anche per il mitico capitano Pierluigi Cera il campionato deve arrivare fino in fondo. «Un campionato deve essere concluso. Lo scudetto a tavolino? No, per carità. Non accontenterebbe nessuno, per vincerlo bisogna giocarlo tutto il campionato. Guardi neanche noi quando abbiamo vinto lo scudetto nel 1970 ce lo siamo goduto fino in fondo. Lo avevamo matematicamente conquistato con due giornate d’anticipo e poi siamo dovuti andare subito in Messico per i Mondiali. Pensi che delusione vincerlo a tavolino. Mi auguro che in qualche modo riescano a giocare. Magari i calciatori faranno meno ferie, ma non c’è altra soluzione».



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