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Cuccureddu: il “fizzu malu” dell’Amsicora fu però felice dello scudetto vinto dal Cagliari

Cuccureddu con Haller il giorno del suo esordio nella Juve a Cagliari nel 1969 (foto Renzo Rosas)
Cuccureddu con Haller il giorno del suo esordio nella Juve a Cagliari nel 1969 (foto Renzo Rosas)

Un gol all’esordio con la maglia della Juve segnato nella sua Sardegna: «Quel giorno ho provato emozione e gioia»  

27 aprile 2020
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Quel gol segnato al Cagliari all’Amsicora è rimasto impresso nella memoria di Antonello Cuccureddu. Per lui, algherese doc, era l’esordio con la maglietta bianconera, che ha indossato per più di 400 volte. Una rete realizzata a 1’ dalla fine che valse un prezioso pareggio per la Signora. «I giornali titolarono “ fizzu malu ” il giorno dopo. Era novembre e ricordo una grande emozione perchè giocavo in Sardegna, perchè incontravamo una grande squadra e perchè non era solo il mio esordio ma indossavo la maglia numero 10. Il pubblico ci urlava serie B, serie B, mi pare fossimo quart’ultimi. Quando vidi la palla in rete ero incredulo, non stavo nella pelle. Da quella partita abbiamo ottenuto dodici risultati positivi di fila».

Lei ha esultato?

«Perchè non avrei dovuto farlo? Lo stadio erano pieno e c'erano anche tanti nostri tifosi. L’immagine dell’amarezza di sostenitori rossoblù che già pregustavano la vittoria non me la sono dimenticata».

La gara di ritorno a Torino finì 2-2, cosa ricorda?

«Ci è stato concesso un rigore discutibile, poi Lo Bello diede un rigore anche al Cagliari, anche quello non chiarissimo. Ho letto molte cose su questo episodio, tipo che lui disse a Riva di entrare in area. Io sul campo non mi sono accorto di nulla. Di sicuro quel giorno Lo Bello ha voluto fare il protagonista. Se lo poteva permettere, aveva una grande personalità. Quel pareggio ha consegnato lo scudetto al Cagliari, una vittoria meritatissima».

Gigi Riva da avversario, che ricordi ha?

«I duelli con Morini erano duri, ma leali. Due giocatori di carattere che guardavo con ammirazione. Morini si attaccava a Gigi e non lo mollava un attimo. Era difficile fermare una potenza della natura. Se gli lasciavi caricare il sinistro erano guai. Nel navanta per cento dei casi faceva gol».

In quegli anni c’è mai stata la possibilità di un suo trasferimento al Cagliari?

«No, perchè la mia con la Juventus è stata una bellissima storia durata dodici anni. Boniperti diceva sempre che ero uno degli intoccabili. Lui per me è stato un papà, ho imparato tanti cose. Dico la verità, sono sempre stato tifoso della Juve. Il Cagliari, però, veniva subito dopo».

Quindi quando i rossoblù hanno vinto lo scudetto e voi siete arrivati secondi lei era contento?

«Il presidente Boniperti era nervoso perchè non avevamo vinto noi. Però era una persona leale e ha riconosciuto il merito degli avversari. Io ero felice per la Sardegna e siccome lo scudetto non poteva essere cucito sulle nostre maglie, vederlo su quelle del Cagliari era una cosa che mi rendeva orgoglioso».

Quel giorno a Torino i sardi hanno festeggiato?

«In tanti vivevano lì e lavoravano per lo più alla Fiat. Avranno sicuramente festeggiato ma a casa, non per le strade. Ricordo che un paio di settimana dopo, vicino a Piazza San Carlo, incontrai un gruppo di sardi che mi hanno riconosciuto. Gonfiavano il petto per quella impresa, forse significava una sorte di riscatto sociale anche per loro».

Ha mai avuto modo di parlare con Arrica?

«No, perchè in quel periodo era difficile che noi giocatori potessimo avere contatti con gli altri presidenti. Quando incontravamo il Cagliari ci sono stati dei saluti e strette di mano. Ricordo, però, una sua affettuosa pacca sulle spalle».

Di Riva alla Juventus quanto ha sentito parlare?

«Tanto. Si diceva che fosse in arrivo. Boniperti avrebbe fatto carte false per acquistarlo ma non c’è riuscito. Io penso che sia stato Gigi a non volersi muovere dalla Sardegna, altrimenti sarebbe venuto a Torino. La Juve riusciva a prendere sempre i giocatori che voleva».

Oltre a Riva qual è il giocatore del Cagliari che lei apprezzava di più?

«Avevano un centrocampo fortissimo, Cera, Greatti, Brugnera, giocatori straordinari. Fare nomi , però, non è corretto, erano tutti bravi. Un collettivo di prim'ordine. Mi piaceva l’armonia con cui quella squadra si muoveva sul campo, tatticamente erano quasi perfetti».

Chiudiamo con Scopigno. Ha un ricordo?

«Ai giocatori piaceva molto. Concedeva libertà che noi alla Juve non avevamo. Lui faceva divertire i giocatori ma sapeva farsi rispettare. Era uno di loro, mai sul piedistallo».



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