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Dallo scetticismo ai succesi 16 mesi vissuti intensamente

Dallo scetticismo ai succesi 16 mesi vissuti intensamente

Due trofei e una finale scudetto conquistati in meno di un anno e mezzo Ma intanto tra il coach e la società iniziavano gli attriti e le incomprensioni

15 giugno 2020
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SASSARI. Una cosa è certa: un altro come lui sarà impossibile trovarlo. Imprevedibile, ingestibile, geniale, lunatico, generoso, da lasciare libero ma anche da tenere un po’ a bada. Difficile, quasi impossibile imbrigliarlo. I 489 giorni dell’era Pozzecco sono stati tra i più intensi – e anche vincenti – della storia della Dinamo. In questi 16 mesi Sassari e la Sardegna si sono fatti volentieri travolgere da questo personaggio costantemente fuori dalle righe.

«Amerete la mia lucida follia», aveva promesso ai tifosi al momento del suo arrivo in biancoblù. Era l’11 febbraio 2019 e la Dinamo era stata appena scossa da un altro terremoto inatteso: le dimissioni improvvise di Vincenzo Esposito, che aveva mostrato segni di insofferenza già durante il precampionato.

Nel caso di Pozzecco le cose sono andate in maniera completamente diversa: tirato fuori a sorpresa dal cilindro di Stefano Sardara (oggi si può dire senza timore di smentite che si è trattato di un colpo di genio), il coach triestino è stato accolto con curiosità ma anche con un certo scetticismo: i suoi precedenti in panchina non giocavano certamente a suo favore, ma le perplessità maggiori riguardavano gli aspetti comportamentali.

Il Poz è riuscito a stupire tutti, su tutta la linea: in poco tempo ha conquistato la fiducia totale dei giocatori, rivalutando completamente Spissu, Polonara e Gentile, che si erano “ingrigiti” durante la gestione Esposito e facendo di loro il motore principale di una squadra già ben assortita; ha ottenuto risultati semplicemente strabilianti sul campo, con una serie di 22 vittorie consecutive tra campionato e coppa, la conquista della Fiba Europe Cup e tre serie playoff di altissimo livello: prima il 3-0 nei quarti contro Brindisi, poi un altro esaltante “sweep” in semifinale contro la superfavorita Milano, infine la splendida finale con la Reyer Venezia, persa soltanto all’ultimo atto.

In tutto questo, neanche una camicia strappata, tante dichiarazioni sopra le righe ma mai una vera polemica, una interminabile collezione di falli tecnici a causa di un rapporto con gli arbitri che è ancora tutto da costruire.

Poi la conferma a furor di popolo, il prolungamento del contratto sino al 2022 proprio nei giorni in cui prestava per la seconda volta la sua carta di credito ai suoi ragazzi, dopo il trionfo nella Supercoppa Italiana a Bari. In mezzo, le lunghe discussioni con Sardara, sempre più accese, a proposito dell’acquisto, della gestione e infine del taglio di Curtis Jerrells, e il convinto ma doloroso “no” alla allettante proposta della Stella Rossa Belgrado, arrivata a metà novembre. «Per riconoscenza – ha spiegato lontano dai taccuini qualche mese dopo – ma anche perché non mi piace lasciare le cose a metà».

È in quel periodo, ad ogni modo, che il rapporto tra i due ha iniziato a deteriorarsi in maniera sempre più rapida. Nessun conflitto personale, ma una generale reciproca insofferenza legata a due visioni sempre più distanti sulla costruzione e gestione della squadra. I mesi del lockdown, senza basket e senza rapporti umani, hanno fatto il resto, modificando tra le altre cose anche le prospettive legate al mercato.

Abbastanza per decidere di dirsi addio. Senza rancore, probabilmente, ma lasciandosi dietro non pochi rimpianti e una certezza: sia per Sassari che per Gianmarco Pozzecco, è stato meglio lasciarsi che non essersi mai incontrati. (a.si.)

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