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Il giorno più nero di Fabio Aru: drammatico ritiro al Tour

Il giorno più nero di Fabio Aru: drammatico ritiro al Tour

Sui Pirenei il corridore sardo si stacca subito dal gruppo e pedala a lungo da solo prima di arrendersi «Non so cosa succede». La squadra lo abbandona, Saronni spietato: «Non ha un carattere forte»

07 settembre 2020
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LARUNS. Che cosa sta succedendo a Fabio Aru? Non lo sa nessuno, lui per primo: «Non ho risposte e questa cosa mi fa soffrire», ha detto il ciclista sardo dopo il devastante ritiro al Tour: sicuramente il giorno più nero della sua carriera.

Da corridore capace di vincere la Vuelta 2015 e di indossare anche la maglia rosa al Giro e quella gialla nella corsa a tappe francese, il “cavaliere dei quattro mori” si è trasformato in un atleta smarrito e sfinito, incapace di tenere le ruote del gruppo sin dai primi chilometri di corsa.

È quello che è successo ieri nella nona tappa del Tour de France 2020, la seconda sui Pirenei, la Pau-Laruns di 153 km. Fabio Aru ha perso contatto dal gruppo ben prima che cominciassero le vere salite, e ha provato disperatamente a resistere, solo contro tutti, stanchissimo, avvilito, abbandonato dalla sua squadra ormai incentrata sul giovanissimo sloveno Pogacar.

A 121 chilometri dal traguardo, la resa e il ritiro. «Il mio futuro? Be’ adesso non ci penso. La botta è ancora troppo calda», ha commentato Aru. Ma è difficile che il suo futuro da corridore sia con l’attuale squadra, la Uae, vista la mazzata inflittagli in diretta tv da Giuseppe Saronni, ex grande campione e testimoniale del team degli Emirati: «Con la condizione che ha, Aru non doveva essere convocato per correre il Tour, era chiaro da settimane – ha detto Saronni, che nella Uae non ha incarichi tecnici e operativi –. Qualcuno tra preparatori e allenatori dovrà risponderne, perché Aru non era in condizione. Abbiamo perso l’unico corridore che doveva stare vicino a Pogacar». Il “cavaliere” sardo, che pochi giorni fa si era fatto notare con un attacco (fallito) in salita, a sua volta spiega: «Mi ero avvicinato a questo Tour de France in punta di piedi, ma conscio che avevo lavorato bene. Non per fare classifica, ma per aiutare Tadej nel migliore dei modi e magari, chissà, prendere qualche soddisfazione personale qualora si fosse presentata l’occasione. I dati mostravano ottimismo nel ritorno ad una condizione che mi permettesse di fare buone prestazioni, sicuramente i migliori degli ultimi 3 anni. Anche ieri, parlando col medico della squadra, gli dicevo che avevo sensazioni crescenti, e che ero fiducioso per il proseguo della corsa. Ora sono qua, a terra, senza capirne il motivo. Non mi merito questo perché sono sempre stato un professionista esemplare, e il mio impegno massimo».

Ma Saronni è spietato: «Quando fisicamente e muscolarmente l’atleta si trova a soffrire, alcuni trovano la lucidità e la forza per reagire. Fabio, invece, non fa così. Sotto l’aspetto del carattere non è fortissimo. Nella difficoltà non si dà coraggio, lui purtroppo crolla mentalmente e moralmente e rende tutto più difficile. È chiaro che qui c’è una forte componente caratteriale».

Dichiarazioni che sul web hanno provocato repliche a sostegno di Aru, come quella del collega Giovani Visconti.

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