Cagliari, capitan Joao Pedro rilancia: "Record di gol? Non mi pongo limiti"
Otto anni in rossoblù per il brasiliano che applaude l'Italia campione d'Europa e i suoi connazionali Jorginho, Emerson e Toloi
PEJO. Otto anni a Cagliari. E capitano: se c'è qualcosa che in questo momento si avvicina a una bandiera quello è Joao Pedro: «Otto anni sono tanti - ha detto nella sua prima conferenza stampa della stagione a Peio - nel calcio di oggi è difficile vedere giocatori per tanto tempo in una stessa squadra. Mi fa piacere: soprattutto perché ho sempre giocato. E non è facile. Molto contento di avere trovato il giusto equilibrio nella squadra giusta». Il futuro sembra sempre in Sardegna: «È sempre difficile - ha spiegato - parlare di quello che succederà: per tante estati sembrava di dover andare via, io invece resterei qui a vita».
E ora avanti con Semplici: «Ha grandi meriti - ha continuato il brasiliano - sulla salvezza dello scorso anno: è arrivato in un momento molto difficile, ma siamo riusciti a venirne fuori. Ora ripartiamo: serve una nuova mentalità per non ritrovarci nella situazione dello scorso anno». Unico brasiliano in squadra, ma potrebbe arrivare anche Dalbert: «Magari compriamo Neymar - ha scherzato Joao Pedro -. Dalbert? Potrebbe darci una mano a prescindere dal fatto che sia brasiliano».
Saudade? «Beh il Brasile mi manca, soprattutto perché quest'anno non sono riuscito a tornarci. In compenso ho tifato molto questa Italia. Sono contento anche per Toloi, Emerson e Jorginho. Pallone d'oro? Non so quali siano i criteri ma penso che nel suo ruolo sia il migliore al mondo». Preferenze per la posizione in campo? Semplici sembra orientato verso un 3-4-2-1. «Ho giocato dappertutto, ma ritengo che nel calcio moderno in giocatore non debba pensare a un solo ruolo».
Record di gol personali da battere? «Non mi metto un limite». Il ruolo di capitano? «Facile farlo- ha detto- perché ho a che fare con ragazzi intelligenti». Il razzismo? «Purtroppo esiste ancora- ha concluso Joao Pedro - solo chi ha subito il razzismo sa quanto sia brutto. Combatteremo ancora perché è una cosa che deve finire». (ANSA).