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Lorenzo Patta: «Quei primi cento metri sono stati una magia»

di Paolo Camedda
Lorenzo Patta: «Quei primi cento metri sono stati una magia»

Ai Giochi Olimpici l’oristanese è stato il primo frazionista della 4x100 d’oro: «Abbiamo fatto la storia». In futuro i 200 metri: «Mi piacerebbe correrli a Parigi»

14 agosto 2021
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ORISTANO. Da Tokyo è tornato ad Oristano con una medaglia d'oro al collo, conquistata con la staffetta 4x100 insieme a Marcel Jacobs, Fausto Desalu e Filippo Tortu. A soli 21 anni Lorenzo Patta ha stupito il mondo, dimostrandosi sicuro dei propri mezzi e correndo veloce come gli ha insegnato il suo maestro, professor Francesco Garau. «Sono felicissimo di aver fatto parte di questa staffetta, è stato fantastico – dice Lorenzo, ancora emozionato–. Una cosa del genere non si era mai vista. Cinque medaglie nell'atletica, due nella velocità... Nessun italiano era mai riuscito ad entrare in una finale dei 100 metri e quel benedetto cristiano, Jacobs (ride, ndr) è riuscito a vincere la medaglia d'oro. Impressionante. Nella finale della staffetta ci ha dato una carica incredibile».

Non è semplice per Lorenzo descrivere le sensazioni vissute sulla pista di Tokyo. «Già la qualificazione era un primo obiettivo. Quando ho iniziato a fare atletica le Olimpiadi erano il mio sogno. Trovarsi poi in finale e lottare per una medaglia è stato qualcosa di incredibile, ancora non l’ho realizzato. Quello che abbiamo fatto è qualcosa di troppo grande... Abbiamo fatto la storia, è giusto dirlo, sono felicissimo». L'esperienza giapponese è stata l'occasione per approfondire il rapporto con i suoi compagni di staffetta. «Non conoscevo di persona Marcell e Fausto, mentre Filippo lo conosco da un po'. A Tokyo ho stretto un bellissimo rapporto con tutti e tre, sono dei ragazzi eccezionali, simpaticissimi».

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Nonostante fosse il più piccolo del quartetto azzurro, Patta ha dimostrato di saper reggere bene la pressione. «Mi dicevano di stare tranquillo. Quelli che mi parlavano di più erano Filippo e Marcel, perché dovevo fare il cambio con lui. Hanno cercato di caricarmi, e mi hanno tranquillizzato dicendo che sicuramente sarebbe andata bene».

L'amore di Lorenzo per lo sprint è nato piuttosto tardi. «A 5 anni ho iniziato a giocare a calcio e ho smesso quando ne avevo 17. Non è stato semplice, perché resta la mia più grande passione, il mio primo amore. Sono un grande tifoso della Roma, ma, essendo sardo, simpatizzo anche per il Cagliari. Il mio giocatore preferito è Totti, ma ammiro anche Zola, Riva, De Rossi e Messi. Con l'atletica ho iniziato a scuola, con i giochi studenteschi. Ho gareggiato e sono arrivato subito secondo. Il prof Garau allora mi ha stuzzicato: “Secondo me devi provare a fare atletica, poi vediamo come va”. Da lì è nato tutto, mi sono appassionato e a 18 anni mi sono dedicato totalmente all'atletica. Ora ne ho 21 e spero di migliorami ancora».

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Decisivi, per la sua crescita sportiva e umana, sono stati gli insegnamenti di professor Garau. «Come me è una persona di poche parole, forse è anche per questo che ci troviamo benissimo assieme. Prima di partire mi ha abbracciato, dicendomi di stare tranquillo, che sicuramente sarebbe andata benissimo. Dopo il rientro mi ha abbracciato forte e mi ha detto: “Che cosa avete combinato!”. Non si aspettava che vincessimo l'oro. Una medaglia sì, ma non l'oro. L'ho visto parecchio emozionato e ringrazio che non si sia messo a piangere, altrimenti sarei scoppiato in lacrime anch'io. Ora continueremo a lavorare, come abbiamo sempre fatto. I muscoli non sono tutto nell'atletica. Conta come poggi i piedi per terra e spingi. Cercheremo ancora di migliorare».

Il velocista delle Fiamme Gialle ha le idee chiare sul suo futuro: «Scendere sotto i 20'' nei 200 metri è il mio obiettivo principale ed è quello più realistico. Il mio fisico mi permette di fare i 100 bene ma fino ad un certo punto, andare sotto i 10 è difficile, mentre andare sotto i 20 è un traguardo più alla mia portata. Ho sempre detto che mi sento più duecentista e che mi piacciono più i 200, correre la curva. Col Prof lavoriamo sempre in funzione dei 200, anche durante l'inverno. Quindi in futuro mi vedo sui 200. Fra i miei miti ci sono Pietro Mennea e Livio Berruti. Mentre fra i sardi, quando ho iniziato, ho sempre ammirato gli atleti di prof Garau: Giorgio Marras, Annarita Angotzi e Valentina Uccheddu, li vedevo come figure ultraterrene».

La popolarità arrivata dopo il grande risultato di Tokyo per ora non lo disturba: «È un piacere enorme per me fare una foto o scambiare due parole con un bambino o un adulto. Prima ero io quello che chiedeva le foto e gli autografi ai campioni. Mi è sempre piaciuta come cosa e non ci vedo nulla di male. Fa un certo effetto che mi riconoscano e mi fermino per strada, per il momento riesco a gestirla bene».

Se Parigi 2024 resta l'obiettivo di lungo periodo, per Patta l'anno agonistico non è ancora terminato: «Devo ancora parlarne con il Prof, ma da qui a fine anno vorrei fare un altro paio di gare. Non so ancora se in Sardegna o in Italia, se sui 100 o sui 200. A Parigi vorrei gareggiare anche nell'individuale e vedere come me la caverò». E poi c’è la staffetta. . «Nella 4x100 dovremo confermarci, è ovvio. Scendere sotto i 37''50 non è facile, ma se io mi miglioro e Filippo Tortu anche, se Marcell Jacobs si mantiene su quei tempi e anche Fausto Desalu, perché non sognare? Adesso non ci pensiamo, ma ci speriamo, tanto. Il record europeo è vicino e puntiamo a prendercelo».
 

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