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Puggioni: «Il mio amico Mennea, consigli e confidenze»

di Roberto Muretto
Puggioni: «Il mio amico Mennea, consigli e confidenze»

A 10 anni dalla morte del campione barlettano il ricordo del velocista sassarese: «Aveva casa in Sardegna, ha corso al campo con i miei allievi»

21 marzo 2023
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Sassari Si potrebbe pensare che Pietro Mennea abbia vissuto due vite apparentemente diverse. In realtà unite dalla continuità di un unico percorso. C'è stato il campione olimpico, detentore per quasi 17 anni di un record mondiale sui 200 metri e di un primato europeo ancora imbattuto. E poi un “altro” Pietro: quello che studiava, si è laureato quattro volte , esercitava la professione di avvocato e commercialista ed è approdato in politica da europarlamentare. Oggi sono dieci anni dalla scomparsa del campionissimo di Barletta. Di lui ha un bellissimo ricordo Gianni Puggioni, sassarese, medaglia di bronzo con la staffetta 4×100, assieme ad Ezio Madonia, Sandro Floris e Angelo Cipolloni ai Campionati del mondo 1995.

Sono già dieci gli anni senza Mennea.

«Strano pensare che manchi da così tanto tempo. Sembra sia morto ieri. Con Pietro ho avuto l'occasione di allenarmi quando stava preparando le Olimpiadi di Seul. Lui per me resta un mito».

Poi siete stati nello stesso gruppo di lavoro a Roma.

«Mi ha insegnato tanto e dato stimoli. Era generoso, umile, dava consigli, si rapportava in maniera positiva. A Roma mi aveva scelto come compagno di lavoro. Faceva cose mostruose, tipo 10 volte i 60 metri con recupero breve di 2’».

Il primo ricordo qual è?

«Ci riflettevo proprio oggi. Siamo rimasti amici, veniva in Sardegna perchè aveva casa a Pittolongu. Un giorno gli ho detto vieni al campo porto i miei ragazzi, magari gli dai dei consigli. Lui ha corso con i miei allievi, era felice di questo. Ho rivisto le foto, in quel gruppo c'era Giacomo, fratello di Filippo Tortu. Un ottimo velocista che da allievo ha vinto due titoli italiani nei 200 metri. Pietro mi aveva confidato che non lo chiamava mai nessuno e questo gli dispiaceva. Che non sia mai stato coinvolto dal settore tecnico della Fidal è una cosa anomala».

Se dovesse scattare un’istantanea di Mennea?

«Era diverso da come poteva apparire. Pietro era autoironico, alla mano, non stava sul piedistallo nonostante fosse un grandissimo atleta. Nel nostro gruppo-allenamento sembrava essere quello più scarso. Un campionissimo anche di umiltà ».

Un episodio particolare?

«Siamo stati un anno a lavorare insieme tutti i giorni, abiamo parlato di tante cose ma alcune le voglio tenere solo per me».

C’è un nuovo Mennea?

«In Italia abbiamo diversi ragazzi interessanti. Uno come lui sarà difficile che nasca di nuovo. È stato uno dei velocisti più forti al mondo per 10 anni. Jacobs va forte ma non penso duri così tanto».

Patta, Lai, Moro e anche Tortu. Si rivede in qualcuno di loro?

«No, la mia storia è diversa. Ci sono ragazzi che mi piacciono. Per esempio ultimamente Diego Nappi di Porto Torres, che secondo me farà bene, ha ottenuto buoni risultati. Devono applicarsi, la concorrenza è tanta. Patta è spesso infortunato e questo condiziona molto il suo lavoro».

Ceccarelli nei 60 metri ha battuto Jacobs, ma nei 100?

«Non può essere un’insidia per Jacobs ma può correre la distanza in 10” netti. I 100 sono un’altra gara rispetto ai 60. In Italia abbiamo un bel gruppo di velocisti e tra di loro c’è sana competizione. È quello che serve».

Mennea era talento ma soprattutto lavoro e sacrificio. Gli atleti di oggi hanno la stessa forza di volontà ?

«Alcuni potrebbero averla. Ma quando hanno provato a fargli fare gli stessi allenamenti di Mennea c’è stata una strage. Si sono registrati tanti infortuni perchè non reggevano quei ritmi.Volumi ed entità di quei lavori solo lui poteva sopportarli».

Un rammarico che le ha confessato?

«Il suo cruccio era non essere sceso sotto i 10" nei cento metri. Mi diceva: se avessi lavorato su forza e recupero ci sarei riuscito».

Mennea in Sardegna?

«Ha partecipato e vinto il Trofeo Urigo. A Sassari quell’anno ha corso la distanza in 10”2, miglior tempo in Italia in quella stagione».

Siete mai stati avversari in pista?

«Sì. Ricordo una gara a Potenza, mi ha voluto nella corsia vicina perchè gli facessi da lepre. Quella volta non fece il tempo minimo per andare alle Olimpiadi ma ci riuscì nella gara successiva, a Grosseto».

Un ultimo ricordo: Mennea fuori dallo sport.

« Lo chiamavo e non rispondeva. Poi si faceva sentire lui e mi diceva, per te ci sarò sempre. Nel suo lavoro di avvocato era brillante. Ricordo una causa per uno scandalo di una banca americana. Lui studiò talmente le carte che riuscì a trovare il modo di far recuperare i crediti a chi rischiava di rimetterci un patrimonio. Pietro era una mente finissima».



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