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Giuseppe Mastinu: genio e sregolatezza, la Torres si coccola il “gioiello”

di Roberto Muretto
Giuseppe Mastinu: genio e sregolatezza, la Torres si coccola il “gioiello”

Il giocatore rossoblù: «Ho il desiderio di portare in alto la squadra della mia città»

15 maggio 2024
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Sassari Genio e sregolatezza. Giuseppe Mastinu è così. Prendere o lasciare. La Torres prende, si coccola il suo “gioiello”, sa che può diventare l’arma in più durante i playoff.

Il fantasista sassarese ha esperienza di spareggi. Ha vinto con Lo Spezia quelli di serie B, ha perso la finale col Pisa, sempre in B. Arrivato tra i professionisti a 25 anni, si è tolto delle soddisfazioni e adesso che ne ha 32, non è ancora sazio. Vive un sogno, dal quale vorrebbe svegliarsi facendo festa.

Cosa fa per rilassarsi in vista dei playoff?

«Niente di particolare, sto cercando di vivere queste settimane senza partite come prima. Il nostro è un ambiente che non conosce la pressione, quindi la tranquillità è una conseguenza». Quindi non è cambiato assolutamente niente?

«Il gruppo visto durante l'anno ha la stessa coesione. Normale che ci sia un po’ di rilassamento perché non giochi. A mano a mano che passano i giorni la concentrazione cresce. Questo è palpabile nello spogliatoio».

La Torres non è tra le favorite. Meglio così?

«Ci hanno etichettato come ghiacciolo che si sarebbe sciolto. Poi ci hanno detto che eravamo fortunati. Addirittura che abbiamo avuto favori arbitrali. A noi importa poco sia di queste parole, sia del fatto che non siamo favoriti. Non siamo mai stati presuntuosi e mai lo saremo. Ci sono corazzate in questi playoff, giusto che le favorite siano loro».

Dei favori del pronostico godono Avellino e Padova.

«Stiamo parlando di due realtà importanti, con giocatori esperti che i playoff li hanno disputati anche in serie B. Però non mi sento di fargli i complimenti per la vittoria. Giochiamo e vediamo come va. So che i playoff sono particolari. Li ho giocati tre volte con lo Spezia, una volta li ho vinti. Ma ho anche perso una finale quando indossavo la maglia del Pisa».

Che aria si respira in città?

«Qualcosa di particolare. I compagni che vengono da fuori ci dicono che hanno trovato un ambiente stupendo. Siamo noi e i tifosi che abbiamo contribuito a crearlo. Ci seguiranno in trasferta e saranno in tantissimi. Ci stiamo preparando come in campionato, la nostra parola d’ordine è: fame e spensieratezza».

Dire che i playoff sono un terno al lotto è una banalità?

«No, perché i fattori che concorrono per la vittoria sono tanti. Si dice che giocare la prima partita fuori casa è un vantaggio, non so se è così. La cosa certa è che prepari una partita che vale una stagione in tre giorni. Noi conosceremo il nome del nostro avversario domenica mattina dopo il sorteggio».

Qual è la sua migliore qualità in campo?

«La visione di gioco».

E fuori dal campo? «Quando gioco in una squadra mi lego in maniera morbosa ai miei compagni. L'ho sempre fatto, l'affetto per loro è la cosa migliore che si può dire di me. Sono lunatico, irascibile, ma la bontà è il mio pregio».

Allora mi dica il difetto peggiore in campo?

«La poca pazienza. Sono un giocatore molto istintivo, ci sono giornate in cui fai tutto corretto, altre volte il contrario. L'ho sempre riconosciuto questo limite. Mister Italiano allo Spezia me lo diceva sempre».

Il modo per correggere questo difetto?

«Tutto si può correggere. Mi sono confrontato con altri e con me stesso più volte. È una cosa che devo fare da solo. Sono consapevole che provare sempre la giocata decisiva non è la cosa migliore. La mia lucidità dipende dai primi due-tre palloni che tocco. Posso essere decisivo nel bene e nel male».

Cosa vi dite in questi giorni nello spogliatoio?

«La domande che ci facciamo tra noi sono due: dove arriveremmo e quale sarà l’avversario. Una volta che lo conosceremo avremo modo di studiarlo. Per il resto siamo concentrati soprattutto su di noi. In queste settimane abbiamo fatto un gran bel lavoro fisico ed è normale un po' di pesantezza. Adesso stiamo diventando più brillanti nelle giocate».

Mi tolga una curiosità: se non avesse fatto il calciatore...

«Da bambino volevo fare il  calciatore. Il sogno stava per non realizzarsi. Ad un certo punto della carriera galleggiavo in serie D e sapevo che in queste categorie non puoi farne un lavoro. Ammetto che stavo per abbandonare il mio sogno. A 25 anni, dall’Olbia sono passato allo Spezia, lì è cominciato tutto ed è cambiata la mia vita».

Da sassarese sente di più la responsabilità?

«La sento un po' meno di Gigi Scotto, un giocatore generoso che per questa maglia darebbe la vita. Sento il desiderio, il sogno di portare questa squadra in alto. Prendo la parte bella della pressione. Mi è capitato di giocare con compagni del posto e vincere. Ho visto in prima persona quanto è bello, una cosa impagabile. Più dei contratti e della categoria. Alla Spezia quando siamo stati promossi in serie in A in squadra avevamo giocatori del posto, non si può raccontare quello che hanno provato. Non pensavo di tornare a Sassari e poter vivere questo tipo di emozioni».

Un giocatore decisivo della Torres?

«Per me sono due: Francesco Ruocco e Manuel Fischnaller».

La società come la vive?

«Serenamente. Sono partecipi ma discreti».

Il presidente Stefano Udassi è un ex calciatore, vi sta dando dei consigli?

«Lui ha giocato partite importanti, sa cosa vuol dire vivere queste attese. Ora lo fa da dirigente con molta discrezione e professionalità. Parliamo, è presente, non invadente Sicuramente anche lui da sassarese e innamorato della Torres, sente molto l’avvicinarsi della partita. La sintetizzo così: per noi è un'attesa non un’ansia».

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