Federico Pasquini: «La mia Treviso sfida la Dinamo, che strana situazione»
Basket. L’ex general manager dei biancoblù oggi diesse in Veneto parla a pochi giorni dallo scontro salvezza al PalaVerde: «Sassari per me rappresenta tanto, io “adottato” dalla famiglia Sardara»
Sassari Quando è andato via da Sassari dopo 14 anni in cui è stato tra i protagonisti dei successi della Dinamo, Federico Pasquini, nuovo direttore sportivo di Treviso, non avrebbe mai pensato di giocarsi una buona fetta di salvezza proprio contro il Banco di Sardegna, da ultimo in classifica. Accadrà domenica al PalaVerde, alle 17.
Sensazioni in vista di un appuntamento con un pezzo così importante della sua vita?
«È una situazione strana, in primis per quello che rappresenta per me la Dinamo e per quello che abbiamo passato insieme, e per la famiglia Sardara che mi ha “adottato” in quegli anni. Ho tanti amici di Sassari, rivedrò diversi di loro. Sono rimasto in ottimi rapporti con tutti. Ricevo più telefonate da Sassari che da altri posti d'Italia, poco ma sicuro».
A distanza di qualche mese dalla conferenza in cui annunciava l’addio è sempre convinto che andare via sia stata la scelta giusta?
«Ci sono situazioni in cui si sente dentro una spinta a fare qualcosa ed è giusto farla. Non possiamo essere legati soltanto al risultato sportivo, ma anche a quello che si ha nella testa quando si deve scegliere».
Treviso ha avuto un avvio analogo alla Dinamo.
«Ci siamo resi conto di avere grandi difficoltà a livello difensivo, a essere consistenti e quadrati. Quindi abbiamo deciso di girare la squadra facendo in modo che avessimo magari meno talento offensivo, ma fossimo più solidi dietro. Così abbiamo cambiato play e pivot (via Ragland e Stephens per Perkins e Radosevic)».
Non ha funzionato?
«Siamo ancora in una fase embrionale, questa squadra ha avuto tantissime problematiche, soprattutto relative all'infortunio di Weber. Purtroppo è stato sfortunato perché si è spaccato il 16 settembre, un infortunio da 30-45 giorni, alla fine sono diventati quasi 70. Ora sono tre partite che ha ripreso a giocare da Weber. E da due settimane abbiamo due giocatori nuovi, questo implica fare una sorta di nuova preseason mentre il campionato non ti aspetta. Siamo indietro e dobbiamo trovare nuovi equilibri, su un telaio nuovo, perché solo Olisevicius, Pellegrino e Torresani sono stati confermati. Perkins tra l’altro è un rookie, viene da una stagione in Lituania dove ha fatto molto bene, ma si ritrova in una Lba molto più competitiva. Molto bene a livello difensivo e di energia, in attacco cerca un po' di capire dove è atterrato. Chiaro che dovrà darci di più perché altrimenti la squadra diventa troppo monocorde».
Sassari sembra aver fatto prima a svoltare.
«Mi sembra che abbia girato a livello di prestazione e di qualità. Anche stavolta Stefano (Sardara) è stato bravo perché ha dimostrato di tenere molto alla Dinamo con tre interventi, due giocatori più un allenatore. In questo momento mi sembra di vedere una Dinamo molto consistente e con parecchia qualità».
Treviso è una piazza tra le più esigenti, visti i trascorsi. Non deve essere facile il suo ruolo in una realtà così.
«A me piacciono le sfide. Alla fine io vivo di sfide, cerco sempre di provare qualcosa nello stomaco che faccia sì che ogni giorno mi svegli con la voglia di spaccarmi la testa per dare la quadra al gruppo. I tifosi hanno avuto molta pazienza, ci hanno seguito a prescindere dai risultati, sono stati onestamente molto positivi nei nostri confronti. Quando entri al PalaVerde e vedi gli stendardi dei trofei, capisci che qua c'è un'abitudine a vedere pallacanestro di un certo tipo. Una cosa affascinante, ma di grande responsabilità. Noi siamo stati chiari da subito, abbiamo fatto capire che questa è un'era diversa a cominciare dall’aspetto economico, ma anche di momento storico in cui ci sono un sacco di imprenditori che fanno investimenti importanti. Volevamo garantire da subito una squadra che si sbattesse e in questo modo regalasse emozioni. Ci siamo riusciti a fasi alterne, ma il campionato è lungo e teniamo botta».
Come organizzazione societaria quella trevigiana è un unicum, molto diversa da Sassari. Come si trova?
«Sì, è un consorzio, non c'è un unico proprietario. Diciamo che è totalmente diverso nel senso che alla Dinamo il mio referente era sempre Stefano, facevamo tutto io e lui. Qui invece da una parte c’è il consorzio, composto da imprenditori molto legati tra loro e che hanno a cuore le sorte del basket cittadino. Dall’altra la società sportiva vera e propria. Di base mi confronto con quest’ultima. È evidente che è una cosa diversa rispetto a quella che ero abituato nei 14 anni nell’isola. L’organizzazione è buona e comunque si può lavorare bene con entrambi i sistemi, abituandosi ad approcci diversi con le persone di riferimento».
Per lei è un derby, per Treviso una gara cruciale?
«Troviamo una Dinamo che ha tanto talento negli esterni, e che con l'aggiunta di Pullen ha acquisito ancora più imprevedibilità. Sotto canestro comunque è una squadra che ha molta fisicità, molta energia e c'è Luca Vincini che sta giocando un campionato incredibile e ha fatto l'ultimo step per collocarsi tra i migliori lunghi italiani. Noi? Quando hai due vinte e dieci perse, ogni partita è da circoletto rosso. Non siamo alla terza giornata, ma alla tredicesima, il campionato si è espresso in maniera chiara e per noi si tratta di una situazione per cui ogni partita da adesso fino a maggio deve essere una questione di vita o morte. Anche con la Dinamo sarà così».
