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Quando Andrea Camilleri scriveva al Duce Mussolini

Quando Andrea Camilleri scriveva al Duce Mussolini

TAORMINA. Altro che social. Le lettere nel Ventennio comunicavano anche di più anche se affidate alle cartoline postali. E lanciavano al Duce messaggi d'amore (da parte di molte donne), di fedeltà...

13 giugno 2016
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TAORMINA. Altro che social. Le lettere nel Ventennio comunicavano anche di più anche se affidate alle cartoline postali. E lanciavano al Duce messaggi d'amore (da parte di molte donne), di fedeltà al regime (perlopiù da uomini) e anche denunce di torti o richieste di aiuto finanziario. In “Mio duce ti scrivo” di Massimo Martella, che passerà al Taormina Film Fest per Punto Luce domani, si passa in rassegna un carteggio sterminato di centinaia di migliaia di missive, selezionato, interpretato da quattro attori e con la testimonianza di un mittente d'eccezione, Andrea Camilleri che a soli dieci anni scrive al Duce mostrando la sua voglia di menare le mani in Abissinia. Tra le curiosità anche molte lettere dalle suore e quella di una pop star.

Che raccontano queste lettere? L'atavica passione italiana per un leader da ammirare, da mettere su un piedistallo, ma anche le le speranze di un riscatto o di quelle conferme di italica forza che la propaganda mostrava con tutta la sua forza mediatica. E anche ovviamente la capacità, anche questa molto italiana, di rivedere quella passione e farla diventare disprezzo, odio, sospetto. Negli anni '30 Mussolini riceveva comunque anche più di mille missive al giorno, che venivano raccolte dalla Segreteria Particolare del Duce. Nel corso degli anni, vista la crescente mole di lavoro, la Spd aumentò il proprio organico. Il suo compito principale era selezionare parte di queste lettere e portarle all'attenzione di Mussolini, il quale dopo averle lette disponeva se fosse il caso di dare loro risposta. Le lettere venivano poi divise tra Carteggio Riservato e Ordinario. Nel primo venivano raccolte quelle che potevano avere una qualche rilevanza politica.

Mussolini, sembra, ne portò una parte con sé fin negli ultimi giorni della sua fuga, pensando probabilmente di poterle usare come ultima arma di ricatto. Erano infatti il risultato della fitta rete di maldicenze e accuse incrociate che si agitava sotto la superficie dell'immagine ufficiale del fascismo, e testimoniavano dei tanti abusi di potere e malversazioni che la propaganda naturalmente censurava. Nel Carteggio Ordinario, invece, veniva raccolto tutto il resto: per lo più richieste di aiuti economici, sotto forma di sussidi, elemosine, posti di lavoro, esenzioni. Ma molte lettere intendevano soltanto esternare al duce i propri sentimenti di ammirazione, amore e fede fascista, oppure raccontare le difficoltà della propria esistenza come si potrebbero raccontare a un padre «che tutto può», o a un confessore. Nel caso di Camilleri il suo desiderio di scrivere al Duce nacque solo dal fatto che nel giornalino illustrato “Il Balilla”, che leggeva abitualmente, c'era un personaggio della sua età che combatteva in Abissinia e, come dice lo scrittore: «io impazzivo all'idea di poter essere quel bambino».

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