La Nuova Sardegna

Susanna Tamaro: «Una tigre e un bimbo ci insegnano a vivere»

di Angiola Bellu
Susanna Tamaro: «Una tigre e un bimbo ci insegnano a vivere»

L’autrice parla del nuovo romanzo: “La Tigre e l’Acrobata” «Tra potere e libertà i miei personaggi scelgono la libertà»

4 MINUTI DI LETTURA





Un inno alla libertà, che lungi dall’essere un dono è una conquista: in libreria La Tigre e l’Acrobata (La nave di Teseo, 149 pagine, 16,50 euro), il nuovo romanzo di Susanna Tamaro che insegna ad essere liberi seguendo la propria diversità, facendone lo scopo della vita. «Sono una persona molto libera e per questo ho pagato un prezzo altissimo – ci racconta l’autrice – Questo libro è anche un testamento spirituale, la storia di una vita nella libertà, nella diversità. Mi angoscia vedere come siamo incanalati in un imbuto da cui si esce tutti stampati».

Tamaro, scrittrice di caratura internazionale, super best seller fuori dagli schemi glamour propri del successo raggiunto, torna alla narrativa pura con la storia di Piccola Tigre, che oltrepassa i confini della taiga natia in cui potrebbe essere la regina incontrastata e finisce per incontrare il nemico numero uno della sua specie: l'essere umano. Un romanzo che ricorda Il piccolo principe e Siddharta. «Mi sono sempre sentita una tigre; è un animale molto solitario e io sono solitaria pur essendo socievole. Poi è un animale molto potente: la tigre non ha nemici al di fuori dell’uomo; e come l’uomo può dominare, infliggere molto dolore. Tigri e umani sono in competizione e infatti l’uomo sta facendo estinguere la tigre».

Ma c’è tigre e tigre. Tamaro ha scelto di raccontarne una che si rifiuta di vivere nella mollezza della lussureggiante abbondanza tropicale. «Io mi sento più simile alla tigre siberiana, che cammina col ghiaccio e il vento contro. I Tropici non fanno per me, sono magnifici però mi annoierei senza stagioni». Spesso premiata dai lettori e osteggiata dalla critica, Tamaro, come la sua tigre, ha uno spirito ribelle che le scorre nelle vene: «Ho molta energia e sono aggressiva dunque ho dovuto per tutta la vita mediare e lavorare su queste energie. Le persone che hanno una grande libertà soffrono le costrizioni sociali: le false libertà». La Tigre e l’Acrobata celebra soprattutto la libertà di ribellarci: la protagonista ha deciso di non seguire la vita delle tigri, anche a costo di incontrare l’uomo che la richiude in un circo. «Il circo è la condizione di prigionia che tutti noi viviamo; è la vita sociale costretta in un modulo obbligato. Qualcuno ci si abitua e sta bene, come nel caso delle tigri anziane del romanzo; una invece non sta bene, anzi soffre da morire». C’è però un essere umano nel romanzo, che può sentire la voce del felino: un acrobata bambino».

Il bambino acrobata è quello che si distacca da terra, ha la levità di danzare nell’aria. Lui, il bambino dà la libertà alla tigre». Ma la libertà ha un prezzo sempre alto e la tigre del libro non si esime dal pagarne il conto. Nel suo cammino avrà maestri umani che, come lei, hanno rifiutato il sentiero tracciato, come il personaggio dello Sciamano, con il quale l’animale scopre di condividere “il tarlo”: «Gli esseri umani che incontra la tigre, dallo Sciamano che non vuole fare lo sciamano, fino all’Uomo di stracci, stanno ai margini. Hanno fatto un cammino di liberazione dal potere. Il tarlo sono le domande a cui non si trova risposta. Le persone che non lo hanno forse vivono meglio; avere il tarlo porta a una grande sofferenza, ma anche a grandi liberazioni se si collabora, in qualche modo, con esso». La paura di cui si parla nel libro, non è quella atavica della morte, ma quella di non riuscire ad essere se stessi. «La morte è democratica, ci aspetta tutti, speriamo il più tardi possibile. Naturalmente un certo timore lo abbiamo tutti, soprattutto quello di soffrire. Io della morte in sé non ho paura, anzi sono curiosa di sapere come sia il passaggio. Credo troveremo qualcosa di strabiliante. Ma credo anche che se non riusciamo a essere noi stessi, manchiamo il bersaglio della vita. Vivere penso sia riuscire a compiere le proprie potenzialità. Se non ci si riesce, credo che la vita imploda. Anche se si ha successo esterno, è una vita fallita. Questo mondo ci vuole omologati, fatti con lo stampino. Bisogna prendere in mano la propria identità per liberarsi dalla catene del conformismo, che non è mai stato così forte. Una volta l’oppressione si presentava come tale. Pensiamo a com’era la Chiesa un tempo. Adesso l’oppressione è subdola, ci manipola in tutti i modi, fin da piccolissimi».

Così, la piccola tigre di Tamaro cresce e rifiuta l’eterno falso presente dell’umanità occidentale, dedita unicamente al consumo, all’eterna giovinezza, all’eterna efficienza senza alcuna debolezza: «Tutto oggi è stravolto e queste qualità sono solo trappole, siamo fissati in un presente in cui si deve solo consumare. Mentre fino a poco tempo fa il consumo era di cose materiali, adesso il consumo è soprattutto sulle immagini e sul virtuale. Si deve consumare intrattenimento. Chi non ci sta è fuori, non c’è scampo per chi è diverso, come l'Uomo di stracci che incontra la tigre di Tamaro: «Come lui, io non ero in grado di reggere la società competitiva. Mio padre era una specie di barbone e forse è genetico. Se non avessi avuto la grande fortuna di vivere di diritti di autore, non avrei potuto inserirmi in questo mondo, forse avrei fatto la barbona».

Primo piano
L’inchiesta

Gaia Costa morta a causa delle lesioni craniche

Le nostre iniziative