La Nuova Sardegna

Il piano virtuoso di Michail Lifits

di Gabriele Balloi
Il piano virtuoso di Michail Lifits

Il giovane musicista uzbeko per la Stagione concertistica del Lirico di Cagliari

31 ottobre 2016
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CAGLIARI. Pianista un po’ sui generis Michail Lifits. Di tutti i vincitori del Premio internazionale Ferruccio Busoni, o almeno fra quelli passati al Lirico (come Zilberstein, Cappello o Cominati), probabilmente il meno interessato a plateali dimostrazioni virtuosistiche.

Classe 1982, originario dell’Uzbekistan ma, proprio come fece Busoni, trasferitosi poi nella Mitteleuropa (per la precisione in Germania, ad Hannover). Dopo il 1° premio al suddetto Concorso di Bolzano (nel 2009 e con ampia maggioranza di voti) Michail Lifits. comincia, come spesso accade in questi casi, a catturare subito l’attenzione di critica ed istituzioni musicali. Già nel 2011 firma un contratto in esclusiva per la Decca Classics. Etichetta con cui inciderà il suo primo album, interamente dedicato a Mozart. Ed è con Mozart, guarda caso, che Lifits. ha aperto il suo recital in un’unica data, l’altroieri al Teatro Lirico, per la Stagione concertistica.

Raccolto, meditativo, intimistico, Lifits rimane piuttosto fuori da un certo stereotipo del pianista reduce del Concorso Busoni, tutto dedito a performance muscolari, alla ricerca d'un pianismo sensazionalistico o dalla tecnica trascendentale. Al contrario, già la scelta del programma, forse, la dice lunga sulla forma mentis dell’interprete.

Le “Nove variazioni su un minuetto di Duport”, ad esempio, non si prestano certo a chissà quali pirotecniche acrobazie. Ma richiedono, piuttosto, altro tipo di maestria e perizia, non meno gradite ad un orecchio allenato: come quella dei preziosismi coloristici, delle sottigliezze agogiche o di un'articolazione poetica dei fraseggi. E Lifits ce le mette tutte, in un genere – quello del “tema con variazioni” – che a partire da Haydn e Mozart divenne un esercizio intellettuale dalle valenze sempre più profonde.

È con la “Sonata n. 2” di Schumann, invece, che avrebbe potuto dare sfoggio esecutivo. Ma s’intuisce presto non essere questa la sua attitudine. Nel primo e ultimo movimento opta per una saggia via di mezzo: se certe lentezze alla Kempff o Arrau sono rischiose, inarrivabili per i più sono le celerità alla Argerich o Gilels. Alcuni limiti vengono comunque al pettine: passaggi non sempre cristallini, pedalizzazione magari troppo generosa, accenti ritmici forse opinabili.

È nell'Andantino, col bellissimo tema del Lied “Im Herbste” (In autunno), così come in tutta la «Sonata n. 21» di Schubert che Lifits mostra i suoi punti forti: l’infinita gamma di sfumature nel “pianissimo”, con o senza “pedale una corda”; l'espressività perfino dei silenzi, con un fraseggio estatico e contemplativo. Come peraltro quello del bis: il “Notturno postumo” n. 20 di Chopin.

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