La Nuova Sardegna

L’industria alimentare, flagello che devasta il pianeta

di Costantino Cossu
L’industria alimentare, flagello che devasta il pianeta

“I signori del cibo”: Stefano Liberti svela le logiche di un affarismo selvaggio La produzione di alimenti nuovo terreno di conquista del capitale speculativo

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Il mattatoio del gruppo cinese WH Shuanghui, «the largest pork company in the world», è il più grande del mondo. L’ex Celeste Impero si sta mettendo rapidamente al passo con gli Stati Uniti, dove la produzione di carne di maiale è sotto il controllo di quattro grandi trust. Come ciò stia accadendo lo racconta Stefano Liberti nel suo nuovo lavoro di inchiesta «I signori del cibo: viaggio nell’industria alimentare che sta distruggendo il pianeta» (minimum fax, 327 pagine, 19 euro). All’ «Impero del suino» è dedicato il primo dei quattro capitoli del libro. Gli altri tre entrano nei meccanismi che regolano altre filiere cardine della produzione alimentare mondiale: quella della soia, quella del tonno e quella del pomodoro. I dati raccolti da Liberti sono tutti di prima mano, frutto di un ormai raro lavoro di inchiesta sul campo: dagli allevamenti di maiali cinesi alle coltivazioni di soia in Brasile, dalla piccola spiaggia sabbiosa di Soubedioune a Dakar, dalla quale partono i pescherecci senegalesi per la caccia al tonno, alla cattedrale arrugginita, ex fabbrica di pomodori in scatola, di Navrongo in Ghana, dove produttori e contadini africani sono stati ridotti al lastrico dalla concorrenza cinese e italiana.

Il filo rosso che lega il materiale ricchissimo e sconcertante raccolto nel libro, Liberti lo indica nell’introduzione: «Il cibo è diventato il nuovo terreno di conquista del capitale speculativo». «Scottati - spiega l'autore - dalla crisi del settore azionario classico e dallo scoppio della bolla immobiliare seguita all’implosione dei mutui subprime negli Stati Uniti, molti gestori di fondi di investimenti e di banche d’affari hanno cominciato a puntare sulla produzione e sulla commercializzazione di beni alimentari».

Un grande affare che entra, peggiorandola, nella vita di milioni di esseri umani. Dal lato dei produttori: perdita di lavoro, urbanizzazione forzata, povertà, aumento drammatico delle disuguaglianze. Dalla parte dei consumatori: rischi per la salute derivanti soprattutto dall’aumento della distanza tra zone di produzione del cibo e zone di consumo e dall’uso massiccio di additivi chimici e di fertilizzanti, per non parlare delle coltivazioni agricole a dna modificato. I grandi trust che controllano questo enorme business sono come i famelici insetti portatori di morte e di distruzione dell’ «Apocalisse» di Giovanni che Liberti cita in exergo: «E nella forma le locuste erano simili a cavalli pronti alla guerra; e sulle teste avevano come delle corone simili a oro e le loro facce erano come facce d’uomini».

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