La Nuova Sardegna

Il cinema che cerca la poesia delle piccole cose

di Fabio Canessa
Il cinema che cerca la poesia delle piccole cose

Dopo la presentazione a Cannes arriva nelle sale “Paterson”, il nuovo film diretto da Jim Jarmusch

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Dopo la presentazione al Festival di Cannes, arriva finalmente nelle sale (distribuito da Cinema di Valerio De Paolis) “Paterson” di Jim Jarmusch, autore simbolo del cinema indipendente americano.

Un’opera singolare che non ha paura di mettere al centro la poesia. La poesia del quotidiano espressa con una messinscena minimalista che nasconde, ma solo a uno sguardo poco attento, un messaggio di grande profondità.

Protagonista è Paterson, un conducente di autobus che vive a Paterson nel New Jersey. Ama la vita tranquilla e fa felicemente a meno del cellulare. Osserva il mondo attraverso il parabrezza dei bus che guida e ascolta frammenti di dialoghi delle persone che salgono e scendono dai mezzi pubblici. Vive con Laura, che al contrario di lui è un fiume in piena, alla ricerca perenne di novità. La sera Paterson porta a spasso il suo bulldog, si ferma in un bar, beve una birra, torna a casa. Una vita abitudinaria accompagnata dalla passione per la poesia, dai versi che scrive su un taccuino. Parole – in realtà del poeta Ron Padgett – che rappresentano la poesia delle piccole cose. Quella ricercata da Jarmusch con questo film con protagonista un ottimo Adam Driver, ben affiancato da Golshifteh Farahani.

La struttura semplice, ripetitiva, non toglie interesse alla visione. Si passa una settimana al fianco di Paterson e ogni giorno sembra uguale al precedente in questa città (dove ha vissuto anche l’anarchico Gaetano Bresci) culla di poeti: lì infatti è cresciuto Allen Ginsberg ed è nato William Carlos Williams.

C’è ancora spazio oggi per la poesia? La mediocrità contemporanea, la semplicità della vita del personaggio sembrerebbero suggerire di no. Ma Jarmusch al contrario spinge a rendere omaggio a ciò che di poetico c’è nei dettagli, nelle interazioni quotidiane. Non a caso il regista inserisce nella storia anche un personaggio giapponese (e l’interesse nei confronti Paese del Sol Levante non è una novità per il regista), per ricordare come nella cultura nipponica – attraverso gli haiku in particolare – siano importanti i componimenti in versi basati su una condizione dello spirito che porta ad apprezzare le piccole cose quotidiane: attimi di vita che diventano poesia.

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