La Nuova Sardegna

LA STORIA

di Fabio Canessa
LA STORIA

SASSARI. Primavera del 1871. La pirocorvetta Vettor Pisani attraversa il Canale di Suez diretta verso l’Oceano Pacifico, per aprire nuove vie di comunicazione e commerciali e assicurare la protezione...

31 gennaio 2017
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SASSARI. Primavera del 1871. La pirocorvetta Vettor Pisani attraversa il Canale di Suez diretta verso l’Oceano Pacifico, per aprire nuove vie di comunicazione e commerciali e assicurare la protezione dei setaioli italiani giunti in Giappone per la crisi dei gelsi. Al ritorno in Italia, circa due anni e mezzo dopo, ha circumnavigato il globo. A bordo c'è anche il marinaio sassarese Giò Battista Cristina che quel lunghissimo viaggio lo racconta in un diario. Inedito fino a oggi. A pubblicarlo con il titolo “Nippon e ritorno” è Aracne editrice (196 pagine, 15 euro) grazie al lavoro di Paolo Puddinu, docente di Storia e istituzioni dell’Asia all'università di Sassari e autore di numerose pubblicazioni riguardanti in particolare il Giappone. Entrato in possesso del manoscritto, ben conservato in un archivio privato, Puddinu ha iniziato il lavoro di studio e trascrizione della preziosa testimonianza di Giò Battista Cristina. Nato a Sassari nel 1849, e cresciuto in una misera casa nella valle del Rosello fino alla morte del padre (in seguito alla terribile epidemia di colera del 1855) dopo la quale viene adottato dalla ricca famiglia Bertolotti Sequi di Ozieri, poco più che ventenne Cristina si imbarca sulla Vettor Pisani pronta a un viaggio di circumnavigazione. «A parte le notizie che dà lui direttamente – spiega Puddinu – ho ricostruito un po' la sua vita attraverso tutte le ricerche possibili. Un lavoro che ho fatto con piacere, anche perché in fondo è stata la prima volta che facevo qualcosa che riguardava anche la mia città».

E il lavoro di trascrizione del manoscritto è stato difficile?

«Come sempre ci vuole un po' ad abituarsi al tipo di scrittura, in questo caso anche abbastanza piccola. Il manoscritto comunque, pur con le pagine ingiallite dal tempo, è in buone condizioni».

Che valore storico ha una testimonianza di questo tipo?

«Normalmente ai tempi scrivevano i comandanti e chi voleva elogiare il loro operato. Questa invece è un'operazione fatta da un subalterno che critica le alte gerarchie, descrive i soprusi ai danni dell'equipaggio, parla della corruzione. Mi ha colpito perché mi ha portato a ripensare a quel momento in cui nasceva l'Italia e a come tanti mali del Paese di oggi siano gli stessi di allora».

Ma com'era entrato in marina questo giovane sardo?

«Non conosciamo i dettagli del suo percorso formativo, ma la sua presenza sulla Vettor Pisani è abbastanza sorprendente. Non era comune che un marinaio sardo, nemmeno nato in un posto di mare, riuscisse ad essere arruolato in una delle navi della Regia Marina. L'isola non aveva tradizione marinara, in fondo siamo sempre scappati dal mare che per i sardi ha rappresentato soprattutto qualcosa di pericoloso».

Studiando in maniera approfondita il suo diario, che idea si è fatto della personalità di questo marinaio?

«L'idea di un giovane di buoni principi e di grande umanità, che cerca di mettere in luce una verità di cui nessuno parlava mai denunciando l’arroganza e la condotta di chi abusa degli inferiori. Per certi aspetti, personalmente mi ha riportato a quando ho fatto il servizio militare. Ho sentito di avere qualcosa in comune con questo giovane».

In comune avete anche il Giappone che lei conosce bene e di cui Giò Battista Cristina offre un interessante ritratto. Cosa l'ha colpita in particolare delle sue parole relative al Paese del Sol Levante?

«Il marinaio sassarese dice tante cose significative sugli usi e costumi dei giapponesi. Ma soprattutto è interessante perché assiste al cambiamento del Giappone che solo pochi anni prima era ancora un Paese medievale. Nel 1868 comincia una nuova era e si avvia un processo di modernizzazione incredibilmente veloce, tanto che quando c'è Cristina è già presente la ferrovia come si legge nel suo diario. Dopo secoli di chiusura i giapponesi si aprono all'Occidente seguendo questo pensiero: prendere la tecnica occidentale ma mantenere la nostra etica, il nostro modo di essere, la nostra spiritualità. E ci sono riusciti».

Cristina sembra trovarsi bene in Giappone.

«Come tutti i viaggiatori, anche già da quell'epoca, è colpito dalla pulizia, dall'ordine, dal rispetto che i giapponesi mostrano verso gli altri. E poi dai panorami, dalla natura incontaminata che probabilmente gli ricorda la Sardegna. Mentre in altre parti sente maggiormente le differenze, in Giappone meno, non si sente uno straniero».

E come si legge nelle pagine finali, riporta a casa degli oggetti giapponesi. Si sa che fine abbiano fatto?

«Si fa prestare dei soldi per comprarli e portarli come regalo ai suoi benefattori. Sarebbe interessantissimo trovare questi oggetti. Non sappiamo che fine abbiano fatto e nemmeno come Giò Battista Cristina abbia trascorso il resto della sua vita».

Un momento della sua vita però adesso si conosce grazie alla pubblicazione di questo manoscritto.

«Mi piacerebbe che la città capisse che si tratta di un'esperienza rara quella ci consegna quest'uomo con il suo diario. Dove tra l'altro viene ricordata anche una personalità importante come il grande naturalista Luigi Maria D'Albertis, recuperato dalla Vettor Pisani in Nuova Guinea, che passò l'ultimo periodo della sua vita a Sassari, comprando una casa in via Roma».

A quando una presentazione pubblica del volume?

«L'idea è fare qualcosa che coinvolga la città e non si esaurisca nell'ambito universitario. Ne ho già parlato con il sindaco Nicola Sanna e speriamo possa esserci anche l'ambasciatore giapponese in Italia».

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