“Pagliai”, arte e architettura Michele De Lucchi al Nivola
ORANI. Il Museo Nivola continua la sua esplorazione del territorio al crocevia tra arte e architettura presentando, a un anno dalla rassegna dedicata a Andrea Branzi, un altro grande protagonista del...
02 luglio 2017
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ORANI. Il Museo Nivola continua la sua esplorazione del territorio al crocevia tra arte e architettura presentando, a un anno dalla rassegna dedicata a Andrea Branzi, un altro grande protagonista del design internazionale, Michele De Lucchi.
De Lucchi è autore di alcuni iconici oggetti del nostro tempo, di allestimenti museali che si avviano a diventare classici, di architetture capaci di integrarsi nel paesaggio e al tempo stesso definirlo inequivocabilmente. Formatosi a Firenze negli anni 70 nell’ambiente dell’architettura radicale, De Lucchi (Ferrara 1951) ha partecipato a Cavart; dopo il suo trasferimento a Milano è stato tra gli esponenti principali di Alchimia e Memphis. Attivo come designer per aziende quali Artemide, Olivetti, Hermès, Alessi, nella sua qualità di architetto ha realizzato progetti in tutto il mondo, dal Ponte della Pace a Tbilisi iallo spettacolare Padiglione Zero all’Expo di Milano del 2015.
Alla pratica del design e dell’architettura De Lucchi ha cominciato ad affiancare, a partire dal 2004, una ricca produzione di oggetti in legno raffiguranti edifici. Realizzati a mano, intagliati personalmente nel laboratorio della sua casa di Varese, costituiscono un aspetto della sua ricerca più intimo e privato, ma di estremo interesse anche per la luce che getta sul suo metodo di lavoro e sulla filosofia che lo guida. Per quanto assomiglino a modelli architettonici, gli oggetti in legno di De Lucchi non corrispondono a nessun edifcio in particolare e sono privi di spazi interni. Come scrive Giuliana Altea: «Più che descrizioni dello spazio, sono concrezioni di spazio solidificato».
Al centro della mostra al museo Nivola è la serie recente dei “Pagliai”, strutture dalla forma densa e compatta ottenuta tramite la sovrapposizione di elementi. De Lucchi ne spiega il significato: «Tagliare l’erba e raccogliere il fieno, nei covoni prima nei pagliai poi, è un’operazione ancestrale oramai in disuso che pero conserva nella mentalità comune l’impellenza e la poesia di prepararsi al futuro, ai mesi freddi dell’inverno».
La mostra a cura di Giuliana Altea, Antonella Camarda e Richard Ingersoll sarà visitabile fino al 15 settembre.
De Lucchi è autore di alcuni iconici oggetti del nostro tempo, di allestimenti museali che si avviano a diventare classici, di architetture capaci di integrarsi nel paesaggio e al tempo stesso definirlo inequivocabilmente. Formatosi a Firenze negli anni 70 nell’ambiente dell’architettura radicale, De Lucchi (Ferrara 1951) ha partecipato a Cavart; dopo il suo trasferimento a Milano è stato tra gli esponenti principali di Alchimia e Memphis. Attivo come designer per aziende quali Artemide, Olivetti, Hermès, Alessi, nella sua qualità di architetto ha realizzato progetti in tutto il mondo, dal Ponte della Pace a Tbilisi iallo spettacolare Padiglione Zero all’Expo di Milano del 2015.
Alla pratica del design e dell’architettura De Lucchi ha cominciato ad affiancare, a partire dal 2004, una ricca produzione di oggetti in legno raffiguranti edifici. Realizzati a mano, intagliati personalmente nel laboratorio della sua casa di Varese, costituiscono un aspetto della sua ricerca più intimo e privato, ma di estremo interesse anche per la luce che getta sul suo metodo di lavoro e sulla filosofia che lo guida. Per quanto assomiglino a modelli architettonici, gli oggetti in legno di De Lucchi non corrispondono a nessun edifcio in particolare e sono privi di spazi interni. Come scrive Giuliana Altea: «Più che descrizioni dello spazio, sono concrezioni di spazio solidificato».
Al centro della mostra al museo Nivola è la serie recente dei “Pagliai”, strutture dalla forma densa e compatta ottenuta tramite la sovrapposizione di elementi. De Lucchi ne spiega il significato: «Tagliare l’erba e raccogliere il fieno, nei covoni prima nei pagliai poi, è un’operazione ancestrale oramai in disuso che pero conserva nella mentalità comune l’impellenza e la poesia di prepararsi al futuro, ai mesi freddi dell’inverno».
La mostra a cura di Giuliana Altea, Antonella Camarda e Richard Ingersoll sarà visitabile fino al 15 settembre.