La Nuova Sardegna

Pugni e delusioni Nessuna pietà sul ring della vita

di Alessandro Marongiu
Pugni e delusioni Nessuna pietà sul ring della vita

Domani per la collana Scrittori di Sardegna in edicola “Pesi leggeri” di Aldo Tanchis

22 marzo 2018
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«Fanno male i pugni?. Claudio sogghignò con un po’ di sufficienza. Non gli piaceva parlare di ciò che era stato, ma con quella lì… “Dipende. Qualcuno sì… i più brutti li senti soprattutto dopo, quanto tutto è finito.” Lei sorrise, annuendo. “Come nella vita.” “Non direi. Anzi, i pugni più dolorosi li ho presi giù dal ring. Nella vita rimangono i rancori. Invece i pugili alla fine si abbracciano, perché ognuno sa che fatica ha fatto l’altro. No, non direi che la boxe è come la vita, a parte il fatto che la gente si incontra e si scontra sempre…”». C’è da credere a Claudio quando, mettendo boxe da una parte e vita dall’altra, confuta l’associazione facilona di Sara. Sa di cosa parla, del resto, lui che in un remoto passato è stato pugile di belle ma tradite speranze, e che oggi è procuratore dei due giovani più promettenti sulla piazza isolana. Per campare fa l’agente immobiliare, ma la sola aria che gli interessa respirare è sempre e comunque quella della palestra («Gli venne in mente la risposta che non aveva dato quando gli avevano chiesto perché era rimasto nell’ambiente: “Per non farmi venire nostalgia”»).

UN GRAVE DIFETTO. Ha parecchi difetti, Claudio, ma tra i tanti uno è particolarmente grave: arriva tardi a capire le cose. Non che sia stupido, anzi, ma forse è ancorato a un’idea di mondo ormai sorpassata, e anche quando ha il marcio sotto al naso non ne riconosce il puzzo. Così, quando entra nella complessa macchina che organizzerà l’incontro tra i suoi pupilli Nino e Giuseppe, è convinto che sarà solo un affare di sport, perché lui dietro a quattro guantoni che si incrociano non è capace di vedere niente di più o di diverso. Non ne era stato capace neanche venti anni prima, quando sentiva di poter vincere il match della consacrazione e invece l’aveva perso: aveva sbagliato valutazioni allora, e le sbaglia anche adesso. Claudio è l’ago della bilancia, il personaggio principale, ma quello dell’ottimo “Pesi leggeri” di Aldo Tanchis, in edicola da domani con La Nuova per l’ottavo appuntamento con la collana “Scrittori di Sardegna” (a 6,70 euro oltre al pezzo del quotidiano), è un fiume narrativo con mille affluenti. Attorno al procuratore si agita una gran corte di figure: i già citati Nino e Giuseppe («Uno alto, elegante, non molto potente ma agilissimo. L’altro tarchiato, solido. Un bravo ragazzo – un mezzo disgraziato») e Maddi, fidanzata del primo e per poco, prima del trasferimento in Germania a cercare fortuna come cantante, amante del secondo (e non solo di lui); l’imprenditore Dessì, il più interessato a che si tenga la sfida tra i due ragazzi, perché avrà di riflesso pubblicità gratuita e finanziamenti per le decine di sue attività; Sara, dipendente di Dessì che dopo una vita di trasferimenti si ritrova a Cagliari (o meglio, non ci si ritrova: ci si perde sempre, anche dopo mesi che ci abita, e non ne sopporta panorami né profumi); e poi ancora gli allenatori rivali Melis e Trudu, la giornalista Pia, lo sfortunato Perso e così via.

FILM E LIBRO. È importante citarli, i vari protagonisti, poiché in qualche modo è grazie a loro se “Pesi leggeri” esiste in forma di romanzo. La storia nasceva infatti, verso la metà degli anni Novanta, in funzione del film omonimo che il regista Enrico Pau ne avrebbe ricavato nel 2001: ma – rivela Tanchis – quelle sue creature proprio non volevano saperne di abbandonarlo una volta messo il punto finale alla sceneggiatura, e gli chiedevano di continuare a essere raccontate. Impossibile non assecondarle. «Tra l’altro questo mi ha dato modo di raffinare la vicenda e i personaggi. Alcuni di loro sono spariti nel passaggio dal libro al film, altri hanno preso un diverso spessore. Un film è un’operazione corale, dove molto è affidato alla sceneggiatura, a un buon casting, alla musica. Bravo è il regista che ottiene il meglio da tutto per realizzare ciò che vuole. Lo scrittore è un regista particolare, che non solo ha la responsabilità di tutto ma deve provvedere a suonare la musica delle frasi, a dare un’espressione particolare a un carattere, a creare la giusta illuminazione per una scena… È tutto merito (o colpa) sua, insomma», ha dichiarato in proposito l’autore e copywriter di Lei nel corso di un’intervista di alcuni anni fa al sito Editoriasarda.it. C’è infine un ulteriore elemento rilevante del libro di cui bisogna dar conto, ed è l’ambientazione. La “città del golfo” e le sue propaggini in cui si muovono Claudio, Dessì e compagnia sono molto più che un mero sfondo, tanto che “Pesi leggeri” si può considerare anche come racconto su (e di) Cagliari – o almeno di una Cagliari in genere tenuta fuori dalle pagine letterarie.

PAESAGGI REALI. Tanchis evita ogni idealizzazione e mostra paesaggi e interni urbani realistici, per non dire (più correttamente) reali, con interi quartiere costruiti a metà, stradine che sembrano corridoi, «pensili pieni di stracci». «Una Cagliari che a volte sembra un Bronx più ridanciano, leggero di maestrale, pesante di angiporti antichi, di strumpe e di risse a testate, di nuovi ricchi e assessori gentaglia di merda che però crede di sapere vivere e sorridere, leggera»: così scriveva nel 2002 uno a cui c’era da credere, Giulio Angioni. Che concludeva con un: «Bravo Tanchis».

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