La Nuova Sardegna

Panatta, una vita di gesti bianchi

di Roberto Petretto
Panatta, una vita di gesti bianchi

Inarrivabile come spesso gli accade, Lo Scriba Gianni Clerici, aveva coniato la definizione ideale: “I gesti bianchi”. Il marchio del tennis e dei suoi protagonisti, dalle origini a oggi, attori e...

24 novembre 2018
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Inarrivabile come spesso gli accade, Lo Scriba Gianni Clerici, aveva coniato la definizione ideale: “I gesti bianchi”. Il marchio del tennis e dei suoi protagonisti, dalle origini a oggi, attori e interpreti di vita da romanzo, dentro e fuori i campi da gioco. Gesti bianchi che hanno resistito alle mode dei calzoncini di jeans strappati, dei colori fluo, delle fantasie ardite, delle canottiere. Perché i “gesti bianchi” sono uno stile, non una divisa sportiva. I gesti bianchi del primo nero a vincere uno titolo dello Slam, Arthur Ashe, narrati nel bellissimo “Tennis” di John McPhee. I gesti bianchi di Roger Federer descritti con capacità visionaria da David Foster Wallace in “Il tennis come esperienza religiosa”. Bianchi, e non sembri blasfemo, anche i gesti di André Agassi (uno che in campo e fuori era coloratissimo) nel suo best seller “Open” e quelli di uno come John Mc Enroe, colorito più che colorato, narrati nell’autobiografico “You cannot be serious”. Libri per tutti, non solo per chi è appassionato di tennis, che infatti hanno rappresentato e continuano a rappresentare un non trascurabile filone editoriale. Gli italiani in questo filone si insericono con alcune apprezzabili incursioni. Divertente il “Pasta kid” di Paolo Bertolucci, inseparabile compagno di doppio di Panatta e tennista di grande talento, forse un po’ frenato da una passione parallela che il titolo del suo libro descrive bene. In queste settimane in libreria è approdato anche l’ultimo libro di Adriano Panatta: “Il tennis è musica”. Cinquant’anni di personaggi visti con l’occhio di uno che c’era e c’è: da protagonista, da dirigente, da commentatore. Panatta viaggia nel tempo con ironia, leggerezza, ma anche con tanta passione e competenza, narrando donne e uomini che hanno costruito la storia di questo sport. E un po’ racconta anche sé stesso, il suo modo di vedere la vita. Quella vita trascorsa senza sconti, assaporata e gustata, anche tra le bellezze di questa nostra isola che, per alcuni aspetti, è stata anche la “sua”.

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