La Nuova Sardegna

Cinema in lutto 

Addio a Fantastichini grande caratterista All’Asinara con Cabiddu

di Giorgio Gosetti

ROMA. Grande, grosso, sanguigno: una presenza tangibile e forte in ogni inquadratura dei film che ha interpretato, ancor più imponente sul piccolo schermo dove le fiction di successo di Rai e...

02 dicembre 2018
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ROMA. Grande, grosso, sanguigno: una presenza tangibile e forte in ogni inquadratura dei film che ha interpretato, ancor più imponente sul piccolo schermo dove le fiction di successo di Rai e Mediaset gli hanno dato spesso quella popolarità che per lui era autentico carburante esistenziale. Eppure Ennio Fantastichini – morto ieri a Napoli per le complicanze di una leucemia – è stato anche interprete sottile e raffinato, cresciuto avendo negli occhi un modello espressivo, quello di Gian Maria Volonté con cui fece poi coppia in “Porte aperte” di Gianni Amelio (1989) e di cui riprese, a modo suo, gli accenti interpretando l'anarchico Vanzetti nella fiction del 2005 dopo che Volonté aveva interpretato il ruolo nel film di Giuliano Montaldo (1971).

Nel 2016 è stato uno dei protagonisti di “La stoffa dei sogni”, il pluripremiato film di Gianfranco Cabiddu ambientato sull’isola dell’Asinara. E ha lavorato anche con il regista sassarese Antonello Grimaldi nella serie tv “Il mostro di Firenze”.

Nato a Gallese, paesino del Viterbese, il 20 febbraio 1955, figlio di un maresciallo dei carabinieri, era cresciuto a Fiuggi, per poi andare a Roma, ventenne, per iscriversi all’Accademia d’Arte Drammatica. La passione per l'arte deve essere stata un cromosoma di famiglia se suo fratello Piero si è poi affermato come pittore e scultore e lui stesso debuttava, appena quindicenne, in teatro cimentandosi con Beckett e i classici. Si lascia alle spalle quasi cinquanta film, una quindicina di ruoli in tv, qualche incursione in palcoscenico, testimonianza di un attivismo frenetico, quasi a compensare una vita privata tormentata e difficile, con due storie d’amore e un figlio adorato (Lorenzo) intorno a cui ha sempre steso una ferrea barriera di riservatezza, lontano dal gossip e dagli scandali. Per Ennio il vero amore aveva le forme della cinepresa, capace di scrutare nelle insicurezze del volto, nella mobilità appassionata dello sguardo, nelle mani irrequiete e in quel corpo da toro che esibiva con sfrontata e, talvolta voluta, allegria.

Candidato molte volte ai premi nazionali custodiva gelosamente le grandi vittorie, sempre però da coprotagonista: il nastro d’argento per “Porte aperte”, il Premio europeo nel nome di Fassbinder conquistato con lo stesso film e il David di Donatello per “Mine vaganti” di Ferzan Ozpetek.

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