La Nuova Sardegna

Londra, giovane scienziata sarda crea nanoparticelle per trasportare i farmaci nel corpo umano

di Claudia Contini *
Claudia Contini premiata dall'ambasciatore sardo a Londra
Claudia Contini premiata dall'ambasciatore sardo a Londra

La sfida di Claudia Contini, 32 anni, chimica, ricercatrice all'Imperial College. Premiata dall'ambasciatore italiano

01 ottobre 2019
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“Missili intelligenti” progettati non per attaccarci, ma per guarirci. Un nuovo ramo della ricerca farmaceutica ha l’obiettivo di sviluppare nanoparticelle per il drug delivery, il trasporto di farmaci all’interno del corpo umano fino a raggiungere il bersaglio con la massima precisione.

La nostra comprensione delle malattie avanza al pari della capacità di progettare nuovi farmaci e della consapevolezza che una terapia efficace è possibile solo quando il loro sviluppo è combinato con un efficiente trasporto del principio attivo, capace di depositarlo unicamente nel suo sito di azione senza interagire con bersagli indesiderati (con conseguenti effetti collaterali). La somministrazione di farmaci, nella pratica medica convenzionale, è spesso associata a una serie di problemi che devono essere superati per migliorarne l’efficienza.

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La possibilità di formulare nanoparticelle in grado di riconoscere e trattare selettivamente una specifica malattia all’interno dell’organismo – come se la stessimo colpendo con invisibili, infallibili e benefici proiettili – deve essere ancora tramutata in realtà. Il crescente interesse sulla nanomedicina da parte di accademici e aziende produttrici di farmaci ha portato negli ultimi decenni ad un forte progresso nell’ingegneria delle nanoparticelle.

Lo scopo è di migliorare il profilo farmacocinetico delle molecole bio-attive aumentandone la loro biodisponibilità nel sito target d’azione: il nostro microscopico arsenale di “missili intelligenti” non deve perdere troppi pezzi nella lunga manovra di avvicinamento al male da colpire.

Un gruppo di ricerca del dipartimento di Chimica dell’University College London ha portato avanti il mio progetto di dottorato su un nano-sistema biocompatibile capace di movimento autonomo in risposta ad un gradiente esterno di glucosio: un lavoro che è stato pubblicato sul giornale scientifico Science Advances. Creare un sistema vettore capace di navigare all’interno dell’organismo non è semplice, a causa di una serie di barriere biologiche che ne ostacolano il cammino

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Una delle sfide più interessanti in nanotecnologia è lo sviluppo di nanosistemi artificiali capaci di movimento autonomo e direzionale in risposta all’ambiente esterno, adattandosi ai suoi cambiamenti.

In questo modo, il nanosistema o nanoparticella acquisisce la capacità di navigare autonomamente all’interno del corpo umano verso il focolaio della malattia e di rilasciare il principio attivo selettivamente nel suo sito d’azione, riducendo in tal modo gli effetti collaterali e aumentandone la biodisponibilità e l’efficacia del trattamento.

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La promessa è molto attraente e per questo è stata già sviluppata una vasta gamma di particelle mobili di differenti dimensioni (nano e micro), forma e meccanismo di locomozione.

Tuttavia, è necessario superare diverse questioni critiche per consentire il loro utilizzo biomedico.

La maggior parte dei nanomotori ingegnerizzati possiedono caratteristiche non compatibili con una somministrazione all’interno di sistemi biologici. Incompatibilità legata alla composizione chimica, alla morfologia e al sistema di locomozione.

Il progetto portato avanti all’University College London è uno dei primi esempi di nano-sistema biocompatibile capace di movimento autonomo in risposta ad un gradiente esterno di glucosio, imitando la chemiotassi biologica (movimento di batteri e altri organismi unicellulari dovuto a stimoli chimici).

Combinando enzimi presenti in natura con vescicole polimeriche nanometriche e biocompatibili, noti come polimerosomi, è stato progettato e realizzato un efficiente nano-sistema mobile e chemiotattico in grado di convertire l'energia chimica in movimento meccanico.

Semplificando: per proseguire il loro viaggio i nostri missili farmaceutici intelligenti hanno bisogno di energia. Come fanno a “ricaricarsi”? Con il glucosio presente nel nostro organismo, fino al raggiungimento del bersaglio.

Questo sistema rappresenta un passo innovativo nell'ingegneria dei nanosistemi mobili e stabilisce una nuova tendenza nella progettazione di nano-sistemi di rilascio di farmaci. La membrana della vescicola polimerica in questione è stata realizzata utilizzando due polimeri e ingegnerizzata in modo tale da ottenere una loro distribuzione non omogenea.

Questo ha portato alla formazione di due aree di membrane polimeriche nella struttura della vescicola e di conseguenza a una non omogenea distribuzione di permeabilità.

La reazione enzimatica all’interno è attivata dalla molecola di glucosio. Le molecole di reazione prodotte nello spazio della vescicola vengono espulse da una delle due aree polimeriche della struttura generando così il meccanismo di propulsione necessario per far muovere l’intera particella verso la sorgente di glucosio.

Questo obiettivo è stato quindi raggiunto utilizzando un processo di conversione di una differenza di potenziale chimico in un meccanismo di propulsione in grado di seguire il gradiente di piccole molecole come quelle di glucosio, percorrendo distanze che sono molti ordini di grandezza maggiori della lunghezza caratteristica della nanoparticella.

La novità di questo lavoro dimostra che combinando la l’ingegneria di membrana e l'incapsulamento enzimatico, è possibile produrre una vescicola con capacità chemiotattiche in risposta ad un gradiente di glucosio, una molecola naturalmente presente nei sistemi biologici.

Questo progetto ha inoltre dimostrato che è possibile trasformare una nanoparticella polimerica in un efficiente sistema di trasporto permettendo per la prima volta l’uso della chemiotassi per promuovere l’attraversamento della barriera ematoencefalica.

La capacità chemiotattica dei nano-sistemi polimerici è stata infatti testata in cavie per studiarne l'efficacia nel navigare attraverso le barriere biologiche. I nano-sistemi polimerici ottenuti hanno così dimostrato di accrescere il trasporto attraverso la barriera emato-encefalica rispetto alle nanoparticelle non dotate di mobilità.

* Chimica- Ricercatrice all’Imperial College London
 

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